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La scelta – Michele Placido

“L’impossibile verosimile è da preferire al possibile non credibile”. Certo, può sembrare eccessivo scomodare Aristotele per raccontare la sensazione di straniamento e incredulità che si prova all’uscita dalla sala, dopo la proiezione de La scelta, ultimo film di Michele Placido, liberamente tratto dalla commedia L’innesto di Pirandello. Eppure, quando si riaccendono le luci, una sola domanda riecheggia forte nella mente: perché lo ha fatto?

Placido si cimenta (per la seconda volta dopo Ovunque sei) con un'opera teatrale di Pirandello che ha i toni dell'attualità e che dovrebbe suscitare nello spettatore profonde riflessioni esistenziali, ma qualcosa è andato decisamente storto. Laura (Ambra Angiolini) e Giorgio (Raoul Bova) sono una coppia affiatata, benestante, in cerca del coronamento del proprio matrimonio: un figlio. Ma nonostante l'impegno di entrambi e la carica di maternità espressa da Laura nel suo lavoro (insegna al conservatorio a una classe di bambini) e con le figlie della sorella (una Valeria Solarino che vive apertamente un ménage à trois del quale non si capisce l'esigenza ai fini della storia), la gravidanza non arriva, disturbando gli equilibri idilliaci della coppia. Quando una violenza irrompe nella vita di Laura e Giorgio, innestando il seme del dubbio, i due si troveranno di fronte a una scelta difficile, che potrebbe cambiare definitivamente il corso delle loro vite.

la scelta

Il tono di questa pièce teatrale è indubbiamente difficile da sostenere al cinema: la trasposizione del testo è complicata per l'oscurità delle reazioni individuali, troppo intense per essere dichiarate apertamente, troppo intraducibili per essere rappresentate da un’espressione del volto. Eppure la scrittura di Placido e Giulia Calenda sembra puntare proprio in questa direzione. I loro protagonisti, spesso incapaci di comunicare, sussurrano, senza nemmeno guardarsi negli occhi, scappano l'una dall'altro, quasi mimando una sofferente uscita di scena. E nemmeno le scelte di regia e il montaggio riescono a liberare il film dall'impasse di una recitazione forzatamente teatrale, mal sostenuta dal cast, al punto da lasciar scivolare ogni possibile intenzione drammatica nel limbo dell'estraneità e della dispatia.

A poco serve, nel finale, risolvere il dubbio: se la volontà di Placido è di restituire uno spaccato di drammatica contemporaneità coinvolgendo il pubblico in un ragionamento dalle molteplici implicazioni, forse è proprio lui ad aver fatto la scelta sbagliata.

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