Prendete l’ironia della commedia all’italiana, aggiungeteci un po’ della ferocia de Il dio del massacro di Yasmina Reza, condite il tutto con un pizzico di grottesco e otterrete così La prima cena di Michele Santeramo.
Tre fratelli, due uomini e una donna – con rispettivi consorti –, si riuniscono un mese dopo la morte del padre, le cui volontà testamentarie includono una cena a casa del defunto per scoprire l’attesa eredità. È questo il pretesto che adotta Santeramo per esplorare complesse dinamiche familiari, tra rancori sopiti, parole non dette, spaccati di vita non vissuta ormai irrecuperabili. Le cose, certo, non migliorano quando si viene a scoprire che l’eredità non è altro che una serie di biglietti gratta e vinci, e che quello vincente è misteriosamente sparito.
Rapporti dilaniati dal tempo e dall’indifferenza, non solo tra i fratelli ma anche tra le coppie. In scena tutto ciò si traduce in un gioco al massacro: verbale e al limite della violenza fisica. Santeramo si concentra, dunque, sulle piccole meschinità della vita quotidiana e attraverso un linguaggio diretto e accattivante traccia un quadro desolante di uomini gretti, frustrati, governati da impulsi aggressivi che non riescono a dominare. Il bel quadretto familiare è completato poi dalla figura del padre, assente ma ingombrante, personaggio altrettanto inquietante e forse addirittura violento. Un rapporto padre-figli fortemente irrisolto che culminerà nel «non avrei mai voluto generarvi». Sullo sfondo di quest’ambientazione borghese – solo apparentemente rassicurante – si staglierà infine l’ombra minacciosa di una guerra vera, la cui eco lontana comincerà ad avvicinarsi inesorabilmente da una radiolina, presagendo (forse anche un po’ semplicisticamente rispetto al dramma consumato sulla scena) un conflitto che si propaga oltre le quattro mura domestiche e diventa globale.
La regia di Michele Sinisi mette in evidenza la difficoltà di relazione dei personaggi, esemplificata nei momenti – molto intensi – di silenzio imbarazzato. La crudeltà verbale trova tregua grazie a piccole parentesi extradiegetiche e sognanti, dove si intravede per le coppie la possibilità di un riscatto, di un’alternativa alla situazione attuale. Nonostante l’apparente realismo, i personaggi sono in realtà marionette grottesche sia nella recitazione che nell’abbigliamento. Gli attori – Mauro Barbiero, Silvia Benvenuto, Anna Dimaggio, Matias Endrek, Alberto Ierardi e Silvia Rubes – interpretano il testo volutamente sopra le righe, forse talvolta eccedendo: in alcuni momenti sarebbe stato interessante immaginare soluzioni diverse rispetto all’urlo esasperato: magari anche solo un sussurro o la calma glaciale dettata dall’odio.
E a proposito di guerra tra famiglie, dato il periodo, il pensiero subito traccia linee di continuità con quella commedia involontaria che si consuma ogni anno sulle nostre tavole imbandite: parenti-serpenti schierati lungo i fronti del banchetto in un groviglio di stati d’animo che si fa tragicommedia per nulla distante da quella di Santeramo. E voi, ora che il Natale è alle porte, siete pronti al massacro?
Teatro Biblioteca Quarticciolo, Roma – 7 dicembre 2014
In apertura: Foto di scena ©Angelo Maggio