È difficile seguire la voce di Emidio Mimì Clementi senza venirne avviluppati, stretti e legati come ai tentacoli di una piovra gigante. Il cantante e autore dei Massimo Volume infatti ha reso il cosiddetto “Sprechgesang”, ovvero quella particolare tecnica vocale a metà strada tra il canto e il parlato, una vera e propria forma d'arte e anche in questa sua nuova avventura sonica, i Sorge, assieme a Marco Caldera, nell'album La guerra di domani edito da Tempesta Dischi non delude le aspettative.
I Sorge sono un ’interessante esperimento nel quale i testi di Clementi si fondono con i tappeti elettronici, ora industrial ora minimali di Caldera: un sincretismo tra testo simil-letterario e musica sintetica che, lungi dall'essere una fusione a freddo, deflagra in un calore gelato che non lascia indifferente l'ascoltatore o il lettore con le orecchie. La seconda canzone, Nuccini, è squillante per farci entrare appieno nella filosofia che governa l'intero disco. Prima Caldera che invade lo spazio con i suoi suoni elettronici gelati e poi ecco che la voce di Clementi si incunea come un rompighiaccio tra i flutti cristallizzati dell'Artico.
Passano città di periferia, poco poco citate da autori, cantanti e artisti: La Spezia, Forlì e Catania scorrono in un viaggio che potrebbe essere un tour ma che forse si rivela essere una fuga, in special modo, da se stessi. E questo mondo gelato eppur caldo e vivo si ripete anche in Bar destino (i bar, specie se visti in notturno, sono un leitmotiv molto ricorrente nella poetica di Clementi), in cui si raccontano esistenze e destini incrociati di uomini e donne che passano in un bar, metafora della vita vissuta ora insieme ora, disperatamente, da soli.
Perché è di questo che stiamo parlando per La guerra di domani: un album di storie melanconiche e senza via d’uscita che però, di tanto in tanto, lasciano trapelare un raggio di sole, il quale magari acceca la vista ma che riscalda il cuore. E che Clementi sia particolarmente ispirato, forse anche più ispirato delle sue recentissime prove, lo certifica In famiglia, probabilmente la canzone in cui l'anima digitale di Marco Caldera si sposa meglio con l'ansia materica dello stesso Mimì.
Un racconto, bello e squillante nella sua cruda semplicità, dove si narrano piccole storie sporche di tutti i giorni, storie di paese, storie un po' inutili ma che, attraverso le parole, anzi il modo di cantare/dire le parole che ha Clementi, assumono un significato capitale. Nomi, descrizioni di oggetti, alcune vie e segreti sordidi in famiglia: questa è l'Italia di Clementi. Un'Italia infinita, contemporanea ed immortale, già condannata a perpetrarsi per sempre, in sæcula sæculorum. Con i Sorge si sperimenta il peso del tempo attraverso la propria voce e la propria musica.