La commedia umana. Conversazioni con Mario Monicelli – Sebastiano Mondadori
Non è facile reinventare sulla pagina il ritmo della sua ironia appostata tra lo stupore e il godimento: Mondadori constata questa complessità nel premettere la conversazione con Mario Monicelli, riuscendo a fotografare in vocaboli quali ritmo, ironia, stupore e godimento la personalità del Maestro, anche infedele a sé stesso, per essere precisi, poiché noto per il vezzo di contraddire le sue stesse dichiarazioni, per provocare e perché una verità sola è troppo poco.
Come secondo il suo principio di grottesco, secondo cui la possibilità della realizzazione di questo è data dall’esattezza della descrizione che ne apre la luce, Monicelli chiacchiera con Mondadori non seguendo un taglio giornalistico di domanda e risposta ma, piuttosto, una narrazione verbalizzata sotto forma di dialogo a due voci su dieci grandi temi del suo cinema, secondo divergenze, sfuggevolezze e incongruenze tipiche del suo raccontare.
La commedia all’italiana inizia nel ’58 con I soliti ignoti, di Monicelli appunto, e la commedia è cattiva, spietata come sono gli attori, i mostri (sacri) senza di cui questo genere di cinema non sarebbe potuto esistere, precorso dalla Commedia dell’Arte e dall’atemporalità del tema della morte: Gassman, Manfredi, Mastroianni, Sordi, Tognazzi e la mostruosa Monica Vitti, anomalia al femminile di questo universo tutto virile in cui evidentemente la dicotomia maschio-femmina si rinnova imprescindibile.
La lettura di queste Conversazioni si rivela disincantata e sincera, di quella schiettezza toscana di cui d’altronde Monicelli vanta natali viareggini, non sofferente verso una perenne necessità di bulimia di consenso, di cui non raramente patiscono invece gli artisti: il mio cinema non aspira a verità massime né a piacere a tutti.
Il racconto è ricordo, è conservazione e rispetto della memoria, della grandiosità dei colleghi, dell’ammissione non onnipotente ma realistica del proprio talento: la malinconia porta per mano queste Conversazioni che conservano 90 anni di storia anagrafica e cinematografica, senza scadere in nostalgie che ancorino solo al passato, in una percezione del presente che fa dichiarare a Monicelli, per esempio, di avere apprezzato, nella letteratura recente, Romanzo Criminale di De Cataldo. Questa non è una dichiarazione di gusto, questa si chiama capacità di riconoscere l’evolvere del tempo e le abilità della generazione nuova, senza essere angosciati dalla conservazione del giurassico contenuto, anzi così esaltandone il valore, quale cuore magistrale del presente.
Monicelli semina nel dialogo con Mondadori una sua visione del mondo, apparentemente prettamente cinematografica, eppure lasciando traccia di sé in un’espressione non convenzionale di autobiografia, come quando dice qui, alla luce degli eventi successivi sembrava proprio avesse lucida la sua personale visione della vita Tutto, in natura, ha un’essenza lirica, un destino tragico, una esistenza comica.
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