La casa dei libri
Nonostante l'amore per la letteratura e per luoghi speciali come le librerie, il film non riesce a incendiare gli animi di chi guarda.
«Le copertine dei libri sono come un tetto tra quattro pareti, una casa». Ma a volte non è sufficiente una bella copertina. E così è La casa dei libri di Isabel Coixet, un film con un contenuto che non rispecchia la bella fattura. Presentato al 68o festival di Berlino, nella sezione Berlinale Special, La casa dei libri è ambientato nel 1959 ad Hardborough, un paesino inglese in cui la coraggiosa Florence Green (Emily Mortimer) decide di aprire una libreria, sfidando non solo la mentalità ristretta dei suoi compaesani, ma anche la donna più influente e ricca della cittadina, Violet Gamart (Patricia Clarkson).
Il film La casa dei libri è tratto dal romanzo The Bookshop (1978) di Penelope Fitzgerald e racconta una storia semplice dove traspare non solo il grande amore per i libri ma anche la tenacia di una donna che con pochi aiuti e molti ostacoli tenta di portare avanti il proprio sogno. Tuttavia, il mordente del personaggio interpretato da Emily Mortimer non si riversa nel film. Eppure la regia è ben curata, le scelte di cast azzeccate, la storia potenzialmente appassionante, ma Isabel Coixet non riesce a far emergere la vitalità dei personaggi e La casa dei libri risulta un film privo di forza vitale.
Quello che manca al film della regista spagnola è un equilibrio fra i personaggi. La protagonista ha la sua storia e le sue caratteristiche riconoscibili, così come i suoi aiutanti, la giovane Christine (Honor Kneafsey), una sorta di alter-ego in versione bambina di Florence e Mr. Brundish (Bill Nighy), un anziano misantropo che passa le sue giornate a leggere. La protagonista instaura un rapporto speciale con entrambi: alla prima trasmette l’amore per i libri, con il secondo intrattiene un rapporto che può ricordare 84 Charing Cross Road (1987). Attraverso questo trio di personaggi si sviluppa il tema principale del film: l’importanza della diffusione della letteratura.
Ma mentre i buoni della storia hanno un proprio approfondimento psicologico e le relazioni fra di loro riescono a coinvolgere emotivamente, i cattivi risultano più deboli e non hanno l’energia per creare un conflitto forte. Soprattutto quella che dovrebbe essere la principale nemica di Florence, Violet Gamart, è un personaggio troppo flebile perché si possa percepire una vera opposizione da parte sua nei confronti della protagonista e alla fine le motivazioni di Violet rimangono confuse e poco incisive rispetto al racconto.
La casa dei libri è un film ben confezionato ma sempre piuttosto freddo, non si surriscalda mai e non riesce neppure a incendiare gli animi di chi guarda, nonostante si tratti di una storia che parla d’amore, quello per la letteratura ma anche quello per luoghi speciali, le librerie, in cui «nessuno si sente mai solo».