L’umiltà della narrazione

Dall'Umbria 'L'isola degli Uomini' di Stefano Baffetti

Per parlare dello spettacolo di Stefano BaffettiLIsola degli Uomini –, andato in scena a Roma al Teatro Le Maschere, è necessario partire dal significato letterale di una parola: umiltà. Il termine deriva dal latino humilis, cioè dall’humus, dal suolo, perché è proprio dalla terra che nasce questa qualità  sempre più rara, oggigiorno, negli uomini. Ebbene, LIsola degli Uomini è la testimonianza di come nonostante tutto, anche nel mondo teatrale, l’umiltà continui a sopravvivere.

Umile è la storia scritta e narrata da Baffetti, un racconto ripescato dagli anni dolorosi della guerra, che non compare in nessun libro di scuola, ma sopravvive nella memoria collettiva di un paese – Isola Maggiore sul Trasimeno. Umili sono i protagonisti dello spettacolo, i pescatori e il parroco Don Ottavio, un prete vecchio stampo, un Don Camillo d’altri tempi che oltre a benedire e dire messa  si prende cura anche della vita terrena dei suoi fedeli.

Questa comunità povera che vive di pesca e poco altro, chiusa nel piccolo mondo del lago e dei suoi riti, diventa protagonista di una vicenda eroica. Durante la seconda guerra mondiale nel paese viene internato un gruppo di ebrei: in realtà, un gesto di pietà del prefetto fascista di Perugia, Armando Rocchi. Ma dopo l’8 settembre 1943 – giorno dell’armistizio –, Isola Maggiore è ormai allo stremo, dall’altra sponda del lago sono già arrivati gli inglesi, eppure le truppe tedesche ancora controllano il paese. Così, Don Ottavio convince quindici uomini a condurre gli ebrei sulla sponda degli alleati, per salvarli.

Una storia simile a tante altre, che in quegli anni divennero racconti di speranza e eroismo. Spogliandola di questi orpelli, però, Baffetti costruisce un monologo che parte innanzitutto dalla vita degli abitanti del paese. Sulla scena del piccolo teatro romano, come un antico artigiano, ricrea le atmosfere di schiettezza paesana, di vita vissuta, accanto a quel lago che si trasforma in vero protagonista dello spettacolo. I suoi strumenti sono pochi: la voce, il corpo, due bastoni, e per rifinire il tutto, il dialetto umbro. Basta questo a un bravo narratore per scolpire sul palco il suo racconto. Di esempi negli anni ne abbiamo visti tanti, a partire da Dario Fo, con i suoi Zanni e le sue Giullarate, per continuare con Baliani, Paolini e Celestini. Baffetti si è ispirato anche a loro, come è giusto che sia, di fronte al continuo evolversi del Teatro di Narrazione.

Foto di scena ©Attilio Brancaccio

Rievocando la poesia antica e sempre efficace delle storie passate, LIsola degli Uomini non dimentica al contempo di rapportarsi con il presente, con un chiaro riferimento a quella disumanità che è in grado di ritornare in ogni momento della storia. Unica nota un po’ stonata la digressione narrativa della vicenda: nonostante Baffetti sia agile nel tenere le redini del racconto, a un tratto si ha la sensazione che ci sia stato un piccolo intoppo, dovuto a qualche indugio di troppo che smorza la tensione, soprattutto nel finale.

Ad ogni modo, LIsola degli Uomini (regia Edoardo De Piccoli) è uno spettacolo riuscito che offre al pubblico non solo una storia semplice, eroica e sconosciuta,  ma anche il vero valore dellumiltà di cui Baffetti con il suo carisma da narratore ne è il primo portavoce.

Teatro Le Maschere, Roma – 15 gennaio 2016   

Grazie


Per 15 anni Paper Street è stata una rivista on-line di informazione culturale che ha seguito con i suoi accreditati i principali festival europei di cinema e musica: decine di collaboratori hanno scritto da tutta la penisola dando vita ad un archivio composto da centinaia di articoli, articoli che restano a disposizione di voi lettori che siete stati un numero incalcolabile nonché il motivo per cui, per tanto tempo, abbiamo scritto con passione per questo progetto editoriale che ci ha riempiti di soddisfazioni.

This will close in 30 seconds