Se si prende James Bond e lo si incrocia con le strutture narrative provenienti dal mondo del fumetto americano contemporaneo, si ottiene quella miscela intrigante che è il sale del nuovo film di Matthew Vaughn, Kingsman – Secret Service. La trama è lineare e molto classica: a un ragazzo cresciuto senza padre in una famiglia allo sbaraglio viene data la possibilità di cambiare radicalmente la propria esistenza. Eggsy (Taron Egerton) è un diciassettenne con poche prospettive finché non incontra Harry Hart (Colin Firth), un agente segreto membro dell'ancor più segreta agenzia indipendente di spionaggio internazionale, made in London: Kingsman. Eggsy viene incluso nel duro programma d'addestramento che serve a selezionare un nuovo membro dell'agenzia, mentre il suo mentore, Hart, indaga per scovare il responsabile dell'omicidio di un suo collega. Il criminale in questione è l’ecologista deluso Richmond Valentine (Samuel L. Jackson) che ha un piano biblico per salvare il pianeta dal sovrapopolamento.
Kingsman rappresenta un nuovo capitolo nella collaborazione indiretta tra il regista Vaughn e il fumettista Mark Millar dopo il successo di Kick-Ass. Tutte le premesse narrative ed estetiche sono da rintracciare proprio nel precedente incontro tra i due artisti, poiché lo spirito rimane intatto: alla parodia/omaggio del mondo dei comics supereroistici si sostituisce quella dei film di spionaggio, con particolare riferimento alla saga di James Bond. Il mondo di Vaughn, quando incontra le storie iper-reali di Millar, diviene incredibilmente colorato, specie nelle tinte più accese, e Kingsman non fa eccezione. Le esplosioni nel film sono il trionfo di questa scelta cromatica vivace. Vaughn si conferma, ancora una volta, il re dello splatter senza sangue: dita mozzate, corpi e crani trafitti, teste sgozzate, perfino gente affettata, ma di fluido vitale se ne vede veramente poco, in linea con lo stile ironico che pervade tutto il film. Le scene d'azione sono incredibilmente movimentate: le coreografie dei combattimenti si incrociano con quelle della macchina da presa mossa abilmente dal regista inglese.
La scelta del cast è inusuale e per questo risulta particolarmente divertente: Colin Firth è spassoso, specie nelle scene d'azione nelle quali cerca di mantenere il consueto aplomb del gentleman inglese; Samuel L. Jackson è un cattivo esilarante, vestito come Justin Bieber, un pittoresco megalomane che ha un evidente difetto nell'esprimersi, con un piano d'ispirazione religiosa, quasi fosse un novello Noè; Egerton, infine, interpreta il giovane Eggsy con la giusta enfasi sul passaggio tra la vita allo sbando e quella del gentiluomo inglese. E Mark Strong, caratterista la cui presenza cinematografica è diventata costante nei blockbuster hollywoodiani e, al tempo stesso, ripetitiva, al punto che il gioco è oramai diventato quello di capire se Strong sarà dalla parte dei buoni o dei cattivi fino alla fine del film.
Kingsman è divertente. Anzi, di più, è uno spasso, ma non è una semplice parodia. E neppure un classico film di spionaggio, uno dei tanti che può passare inosservato. Mai, mai giudicare un film dal trailer, perché quello diffuso per questa opera non rende minimamente giustizia al lavoro di Vaughn. Kingsman è un film di genere, lo spionaggio appunto, e potrebbe respingere quelli che non simpatizzano per questo filone. Eppure bisogna dare una possibilità a Vaughn, perché gli ingredienti che il regista inglese mette nella sua minestra sono unici nel panorama del cinema contemporaneo. Nonostante agisca all'interno di un sistema di generi codificati, Matthew Vaughn è pienamente un autore.