PSA1406209213PS53d10cbd03e36

Kilowatt festival: l’energia della scena contemporanea – Il quinto giorno

Al mattino le vie di Sansepolcro sono popolate di turisti, anziane signore con la sporta, giovani coppie a spasso con il cane e poi non manca mai il gruppo di vecchietti al bar che tra un caffè corretto e una sigaretta si lascia andare a qualche “moccolo”. Poi man mano che il sole tramonta, in centro si respira un’aria diversa: i dialetti si mischiano, il numero procapite di occhiali aumenta considerevolmente e di tanto in tanto dal chiacchiericcio spuntan fuori parole strane: un Kantor di qua, un raffinato mise en espace di là o un professionale audience development poco più avanti. Già, ma a proposito di audience development: i biturgensi [gli abitanti di Sansepolcro, ndR] che fine hanno fatto?

Il teatro dev’essere visione, ne conveniamo, ma innanzitutto dev’esser visto, altrimenti perde la sua ragion d’essere. Nonostante i numerosi tentativi si nota come sussita un certo scarto tra domanda e offerta: quasi l’una fosse muta, l’altra sorda – e viceversa. È solo un pregiudizio oppure esiste, in parte, un ripiegamento autoreferenziale del mondo del teatro? Ma forse, più che puntare il dito contro le compagnie, i direttori artistici o il pubblico che manca, sarebbe interessante interpellare “il pubblico che c’è”, dalla stampa alla critica, passando per gli appassionati e gli intenditori, e chieder loro al di là delle speculazioni intellettuali quanto siano interessati davvero a un allargamento di pubblico, a sostituire “diffusione” con “condivisione”.

Nella vita di tutti i giorni, la prima domanda che il potenziale spettatore si pone è: perché dovrei andare a vedere questo spettacolo? Vorremmo ripartire da qui per questa cronaca teatrale del quinto giorno di Kilowatt.

Eco di fondo/César Brie – Orfeo ed Euridice

La proposta della compagnia Eco di fondo, da questo punto di vista, è interessante. Il drammaturgo argentino, infatti, attinge alla straziante storia d’amore di Orfeo ed Euridice, ma la ribalta su un piano altro, più contemporaneo: il dibattito sull’eutanasia. Se nel mito greco Orfeo sfidava le leggi dell’Aldilà per riportare nel regno dei vivi la sua amata, qui il moderno Orfeo combatte i pregiudizi dei vivi per donare alla sua Euridice, condannata alla non-vita vegetativa, il diritto di morire. Una rappresentazione estremamente delicata che, nonostante qualche incertezza contestuale, avvicina senza pretese alla riflessione sul discusso tema d’attualità.

Giorgia Nardin – All dressed up with nowhere to go

Forse lo spettacolo che ha raccolto maggiore entusiasmo negli ultimi giorni. Come mai? La danza – ma sarebbe più corretto parlare di linguaggio del corpo – è sempre una grande scommessa: di primo impatto è sfuggente, l’assenza di parole induce una certa perplessità percettiva, lo spettatore occasionale non sa cosa aspettarsi né come dovrebbe reagire; ma poi scatta qualcosa, si rinuncia alla decifrazione e ci si abbandona all’immediatezza di quella grammatica solo in apparenza complicata. Ecco. Due corpi, uno spazio vuoto, gesti quotidiani eseguiti anonimamente nella propria bolla individuale; poi la nudità, il contatto, la fusione e la nascita di qualcosa di nuovo. E il pubblico intuisce, senza il volgare bisogno di doverlo capire, di aver penetrato un mistero, intimo, che gli appartiene profondamente.

Andrea Appino – 6 pezzi facili

Il quarto appuntamento di 6 pezzi facili è stato l’evento della serata che ha attirato più curiosi biturgensi. Perché? Perché nell’immaginario collettivo la musica è probabilmente la forma d’arte meno elitaria, quella sentita più vicina e accessibile a tutti. Vero o no che sia, è necessario però non deludere le aspettative. Ed è proprio quel che è avvenuto ieri sera. Il cantante degli Zen Circus, infatti, ha saputo rispondere in maniera intelligente alla scommessa kilowattiana di raccontarsi attraverso brani altrui. Appino non si è limitato a creare una cornice autobiografica, arguta e divertente, ai pezzi da lui scelti (Piero Ciampi, Minutemen, Violent Femmes), ma è riuscito a raccontare una storia, quella dei centri sociali anni Ottanta e della scena musicale punk e grunge, che ancora deve essere indagata.

Insomma, per ora la scommessa lanciata dal Kilowatt con i 6 pezzi facili è forse quella che, nell’ottica di un riavvicinamento alternativo fra pubblico/i e artista, sta dando i maggiori frutti; ciononostante, la risposta agli altri spettacoli, seppur debole, rivela che la curiosità non manca e che per far crescere i semi lanciati del festival c’è bisogno che tutti, più coraggiosamente, si impegnino, anzi, ci impegniamo a fertilizzare costantemente il terreno.

Grazie


Per 15 anni Paper Street è stata una rivista on-line di informazione culturale che ha seguito con i suoi accreditati i principali festival europei di cinema e musica: decine di collaboratori hanno scritto da tutta la penisola dando vita ad un archivio composto da centinaia di articoli, articoli che restano a disposizione di voi lettori che siete stati un numero incalcolabile nonché il motivo per cui, per tanto tempo, abbiamo scritto con passione per questo progetto editoriale che ci ha riempiti di soddisfazioni.

This will close in 30 seconds