Kilowatt Festival: l’energia della scena contemporanea – Il quarto giorno
Teatro come visione, come sguardo che si posa sulla vita e ne dischiude le pieghe nascoste. Visione però anche come vista negata, celata, complicata, che non è cecità bensì occhio offuscato che dall’impedimento reimpara a guardare. Questo il tema dominante del quarto giorno di festival: una visione ostacolata.
“Si può fare di tutto” ha detto ieri Marco Gobetti, fondatore del Teatro Stabile di Strada, “basta correre rischi”. L’incontro pomeridiano Strumenti per una nuova drammaturgia (durante il quale è stato illustrato il progetto NdN – Network drammaturgia Nuova, curato, fra gli altri, dal regista Gabriele Vacis) ha sollevato proprio la questione delle sfida, intesa appunto come rischio ma al contempo opportunità. Come ha evidenziato Roberta Nicolai, regista e autrice di teatro, la cultura italiana è affetta da un forte conservatorismo che tende a ostacolare la sperimentazione, tuttavia dal dibattito è emerso come spesso sia proprio tale stato di difficoltà ad alimentare la nascita di proposte artistiche alternative.
E a ben guardare, il primo spettacolo della serata – Un carnevale per Sole e Baleno, vincitore NdN 2014 – mette in scena proprio una difficoltà: l’incomunicabilità, o meglio il dialogo impedito di due redivivi amanti, sospesi in un non-luogo al confine tra la vita e la morte, tra i sogni e i ricordi (Baleno e Sole sono la coppia di squatter anti-Tav che nel ’98, in seguito a linciaggio mediatico e giudiziario, si impiccarono in carcere). Il testo scritto da Gobetti però non drammatizza la tragedia, ma recupera la forte empatia che legava i due giovani: un legame così forte che la regista e interprete Federica Santoro ha voluto condensare in un unico personaggio, nel quale la difficoltà diventa incontro, confronto, denuncia.
Visione ostacolata, dicevamo, è anche la performance multimediale presentata da Martina Francone insieme a Roberto Masotti, Hrafnhildur Einarsdottir e Simone Tecla. Intrigante miscela di danza, musica dal vivo e proiezioni video, No-nothing/Something, infatti, è un’esperienza visiva che si esprime per sottrazione, disegnando cioè forme impreviste in uno spazio all’apparenza vuoto, o meglio, svuotato; lo spettacolo propone così una metamorfosi percettiva dello spazio circostante, che sembra invitare gli stessi spettatori a una visione altra.
A chiudere la serata, l’appuntamento con 6 pezzi facili che ha visto la partecipazione di Massimo Bubola, canzoniere e musicista folk-rock . Una visione collaterale quella offerta dal compositore veneto che non solo si è raccontato attraverso canti popolari del primo dopoguerra e ballate d’autore, spaziando da Guccini a Dylan, da De Gregori a Cohen; ma ha narrato altresì una storia che da privata diventa corale: cantare se stessi per cantare tutti quanti (ed è curioso notare che sia Bubola ieri, sia Benvegnù il giorno prima, abbiano scelto tra i loro “sei pezzi facili” lo stesso brano popolare O’ Angiolina ).