Il ridere si accompagna al disincanto. Al Teatro Vascello, progetti grotteschi di poveri sventurati vanno in scena con Jucatùre, riadattamento del testo di Pau Miró (Premio ubu 2013 Miglior Testo Straniero), curato e diretto con successo da Enrico Ianniello per la compagnia Teatri Uniti.
Attorno al tavolo di una casa decadente, si riuniscono quattro soggetti di umana desolazione: un barbiere prossimo al licenziamento (Luciano Saltarelli), un attore cleptomane (Tony Laudadio) e uno schiattamuort balbuziente (lo stesso Ianniello) orbitano attorno alla figura di un anziano docente di matematica (Renato Carpentieri). Sono loro i protagonisti di un fallimento tragicomico, i quatt’ jucature e na partita a carte che non accommencia mai. Tra una tazza di caffè e un disco di Dean Martin, con pochi soldi in tasca ma con arguzia da vendere, ciascuno rivela poco per volta con profonda ironia le proprie disgrazie, ognuno appigliato a una personale aspettativa che riserva un’evidente delusione, all’interno di un mondo che cambia lasciandoli indietro. La solitudine delle loro persone trova dunque conforto in quegli incontri, nelle partite, in cui il duplice binario, dell’ascolto e della confessione, restituisce l’illusione di un surrogato di famiglia dove ciascuno trova spazio. È qui che il gioco diviene pretesto per una sfida adrenalinica, da trascinare nella vita vera, in un’ultima possibilità di risoluzione in cui, per tutti loro, il rischio è commisurato al piacere.
Con studiata meticolosità, Teatri Uniti presenta una drammaturgia comica dallo sfondo amaro, la perfezione del cui impianto, nel suo procedere tra presenti scenici ed ellissi temporali, è valorizzata dall’uso del dialetto che ne vivacizza forma e contenuto, ritmo e materia. Sarebbe difatti riduttivo considerare il napoletano, qui, mero elemento funzionale alla scena o alla sua vena umoristica. Più appropriato è riconoscerne il suo valore quale componente strutturale, che scolpisce l’ascolto e il suo andamento, avvicinando al contempo la desolazione e i desideri ingenui di quattro disgraziati a quelli di una realtà, se non coincidente, molto vicina alla nostra.
Compimento ultimo di una regia semplice e matura è infine l’interpretazione di quattro grandi attori, ciascuno dei quali, con la puntuale caratterizzazione del suo personaggio, nei suoi vizi e nelle sue manie, è (f)autore della brillante resa di uno spettacolo che, nello spazio di un’ora o poco più, copre il vuoto dell’esistenza, di chi nulla ormai ha da perdere, con l’ilarità spensierata di un semplice sorriso.
Teatro Vascello, Roma – 15 febbraio 2015
In apertura: Foto di scena ©Pepe Russo