Frankie Valli, Bob Guadio, Nick Massi e Tommy DeVito sono quattro ragazzi del New Jersey, provengono da zone che difficilmente possono essere definite altolocate e insieme sanno fare qualcosa che nessuno sapeva ancora fare agli inizi degli anni Sessanta: il rock’n’roll. Tra molti alti e troppi, troppi bassi, i The Four Seasons (alias: Jersey Boys del titolo) creano dei capolavori della musica rock che ancora oggi vengono ripresi, suonati e cantati. Il film ci racconta la loro parabola ascendente prima e discendente poi, ci mostra quello che non si vedeva dagli schermi delle tv che celebravano i quattro ragazzi mentre i loro singoli scalavano le classifiche. I rapporti di potere, le storie d’amore, i momenti che hanno segnato la loro personale storia e quella della musica mondiale insieme.
Il nuovo film di Clint Eastwood parte da un musical di successo, vincitore del Premio Tony, dal titolo omonimo. A essere trasposto interamente non è però solo il titolo: infatti una parte rilevante del cast è alla sua prima apparizione su grande schermo poiché il regista ha voluto portare sui set di Hollywood le medesime persone che per anni avevano rappresentato in giro per gli Stati Uniti l’opera teatrale. Facce nuove, come quelle di John Lloyd Young, Erich Bergen, Michael Lomenda, che riescono a imprimere un forte impatto al film fin dall’inizio: padroneggiano bene la scena e i loro personaggi calzano su di loro come un capo cucito su misura. Non mancano i nomi altisonanti, come quello di Vincent Piazza, volto del gangster Lucky Luciano nella serie HBO Boardwalk Empire, o quello di Christopher Walken, nei panni di uno spassoso gangster.
La regia di Eastwood, forte di un’esperienza pluridecennale, non si lascia piegare dal successo mondiale dell’opera e, anzi, decide di dare ulteriore linfa al progetto con il suo personale tocco preciso e misurato, trovando anche lo spazio per momenti di estro registico che impressionano non poco. Chi ha visto più opere di questo autore sa anche che spesso Eastwood ha creato le colonne sonore per i suoi film, minimaliste e, non di rado, fatte perlopiù solo da pianoforte. Impossibilitato in questo caso, si è deciso per un approccio del tutto opposto: musica pervasiva e rock dei Four Seasons a tutto spiano. Il musical teatrale poteva facilmente diventare un musical cinematografico, ma Eastwood ci risparmia questa operazione scontata per farne un grande film musicale, sì, ma anche un gangster movie.
Da sottolineare, infine, l’eccellente e caratteristica fotografia di Tom Stern, all’ennesima collaborazione con Clint Eastwood: il suo tocco lo si riconosce dalla patina bianca che avvolge tutti i fotogrammi del film, come se ci fosse una calza bianca su tutte le macchine da presa. Una colorazione a cui siamo oramai abituati, che in tempi di Oscar avrebbe sicuramente fruttato una nuova nomination all’artista.