Buckley riesce ad azzeccare alla perfezione il titolo di questo capolavoro: “grazia”.
La grazia delle sue toccanti e gentili melodie, della sua chitarra soffice e di quella voce che non si può imitare e che non si potrà mai più ripetere. Ci sono persone dotate di talento, altre molto fortunate, altre ancora riescono a miscelare addirittura le due cose…e poi ci sono persone come Jeff Buckley che hanno un dono, un dono che pochissime persone hanno: la capacità di toccare direttamente punti del cuore che altri nemmeno conoscono.
Non voglio parlare di singole canzoni in questa recensione perché sarebbe ingiusto ed estremamente limitante; ci troviamo di fronte a uno dei dischi più profondi mai usciti.
1994: Cobain era da poco divenuto un ingombrante angelo suicida e tutti quanti pensavano che sarebbero passati tanti, forse troppi, anni prima di vedere di nuovo un talento simile; invece pochi mesi dopo ecco Jeff: un ragazzo normale, di certo non un divo ma con una personalità che ha fatto risplendere la nostra vita come quasi nessun altro è mai stato in grado di fare. Chiunque ha dato a Buckley il suo dono, decise di riprenderselo troppo presto. Il Wolf River (un affluente del Mississipi) se lo portò via lasciandoci soltanto un altro paio di dischi e un concerto…no, non si può più sentire la sua voce dal vivo.
Tutto il mondo piange Jeff Buckley che ha avuto troppo poco tempo, ma che ha dato quello che aveva e, sono certo, sia stata una grazia per tutti noi.
Hallelujah. Voto 10/10