I’ve buried your shoes down by the garden – Gentless3
Gli Artwork dovrebbero essere sempre una parte integrante del disco, in quanto dovrebbero dare un volto, una visualizzazione, un’idea della musica che si va ad ascoltare. E l’aspetto comunicativo della cover-art dell’album di debutto dei Gentless3 ne è un valido esempio.
I colori sbiaditi, vintage, vanno a fare coppia con il caratteristico suono appositamente lo-fi e slow-core; quella foto di una coppia di altri tempi che è incastrata fra dolcezza (un amore che non può essere espresso a 360 gradi per via delle convenzioni sociali?) e inquietudine (al contrario si potrebbe pensare alla forzatura del legame): e anche questo si ritrova nella musica dei Gentless3, ovvero un certo mood oscuro e tenebroso che mette le sue radici in un folk di forte impatto emotivo.
I Gentless3 (Carlo Natoli, Sergio Occhipinti, Sebastiano Cataudo e Floriana Grasso) provengono dalla Sicilia; particolare da non sottovalutare in quanto oltre alla produzione della Wild Love Records, dietro il disco della band c’è L’Arsenale ovvero “Una libera federazione di musicisti e arti e mestieri della cultura che vede nel territorio siciliano un unico laboratorio di indipendenza in cui sperimentare, condividere e proteggere e produrre le professionalità ed esperienze della musica e la cultura”. Un progetto importante, i cui valori e professionalità si rispecchiano anche in questo debutto dei Gentless3: I’ve buried your shoes down by the garden.
Il prologo è affidato a Since ’98, che mette in campo subito la tormentata eleganza del gruppo: la dilatata marcia della batteria, i sublimi intrecci chitarristici e la voce semi-baritonale. Nella successiva Cameback From si affacciano anche sonorità Post-Rock, ma è ancora una volta la voce il punto di forza del pezzo, per il suo modo teatrale di seguire la musica.
On busting the sound barrier risulta la massima espressione artistica del disco: un minimalismo chitarristico, le atmosfere desolanti e cupe e che mi fanno venire in mente le splendide composizioni di Boduf Songs. Non si abbandona mai il mood “nero”, ma tornano le sonorità più corpose e costruite con Peggy + The Houses che rispetto ai precedenti pezzi è (in senso lato) più addomesticata, anche se vi sono un paio di passaggi strumentali che fanno schizzare il livello di tensione.
Who’s dimostra come la band dia il meglio di se con le sonorità più scarne; vengono fuori le abilità tecniche del gruppo che maneggia con estrema saggezza e diligenza gli intrecci strumentali e viene messo maggiormente in rilievo il timbro vocale; Alphabet City, con il suo suono pulsante, teso, trattenuto, è il pezzo che più incarna la loro anima dark e tormentata.
Quella teatralità vocale di cui parlavamo ad inizio recensione ritorna in Evidence, impreziosita dal back vocal e dal lavoro essenziale del piano elettrico e della batteria, micrometrica ma essenziale. I Gentless3 debuttano in maniera convincente con sette composizioni che si dividono tra un folk minimale oscuro e tendenze post-rock che ben si amalgamano tra di loro, e delineano uno stile e una personalità forte; il tutto fa di I’ve buried your shoes down by the garden, una piccola perla della scena musicale italiana da custodire e far scoprire.