I cinquantaquattro minuti di Italia ’70 aperti dai congeniali titoli di testa (che si rifanno al genere poliziottesco preso in esame), si susseguono serrati tra volti noti e sequenze celeberrime, introdotte dallo sguardo attento e divertito di Umberto Lenzi, incalzato dalle domande di Steve Della Casa. Inutile dire che il documentario trasuda di informazioni (che spesso ne appesantiscono l’esile filo logico; poco più che una scusa per un fitto collage di immagini e suoni) che avvicinano l’illetterato e annoiano il cultore. Pensato in tempi non sospetti, (lontani dalla moda americana di rivalutazione del B-Movie nostrano), Italia ’70 introduce e traccia una breve cronistoria di un genere rivalutato ma mai sopravvalutato che strizza l’occhio a codici e generi hollywoodiani.
Imitazione sì, ma soprattutto inventiva di quei registi-artigiani che sopperivano con creatività ai limitatissimi mezzi a loro disposizione. Come spesso sottolinea Tarantino, ci troviamo certamente di fronte al più violento dei sottogeneri (horror a parte), che non disdegna l’influenza delle allora attuali tematiche sociali (l’omicidio Calabresi fece da sottotesto a numerose pellicole), pur restando nell’ambito della spettacolarizzazione della violenza di quegli anni.
Dopo un breve cenno visivo a La polizia ringrazia di Steno (Stefano Vanzina), il film probabilmente capostipite del genere, si procede tra una battuta e l’altra dei vari Lovelock, Silva, Saxon e soprattutto Milian. Si passa poi ai contributi di Castellari e Martino, e a uno sguardo alle location dell’opera lenziana introdotte dal regista stesso. Lenzi evidenzia i tratti caratteriali del genere, definendo strategie di marketing (l’utilizzo dei flani su riviste e quotidiani e la scelta del titolo decretavano il successo o l’insuccesso di una pellicola) e tecniche di racconto e ripresa (duttilità, sintesi narrativa e montaggio dinamico) che ancora oggi influenzano le nuove leve di cineasti, soprattutto d’oltreoceano.
Un’opera senza dubbio interessante, per chi questo cinema non lo conosce, un po’ meno per chi questi film li ha visti. L’importante in fin dei conti è ridare luce ad uno spaccato ancora oscuro e spesso sottovalutato nella cinematografia italiana degli anni ’70. Una lezione dal passato per un futuro (quello del cinema italiano di genere) che tarda ad arrivare.