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Inequilibrio 2015. La parola, la poesia, la creazione

La leggiamo, la scriviamo, la diciamo, la ascoltiamo, la cerchiamo – la perdiamo. La parola è un segno, un segno che si scambia. E come ogni creazione umana una volta prodotta se ne perde il possesso; possiamo ben calibrarla certo, ma non possiamo controllarla: la parola non è mai universale. A meno che, per l’appunto, decidiamo di scambiarla, consapevolmente. Allora diventa qualcos’altro, diventa ponte, diventa comun(ic)azione.

Per entrare nel mondo di Inequilibrio non possiamo che partire da qui, dalla parola che – prima di essere teatro – si fa scambio. Giunto alla sua XVIII edizione, il festival di Castiglioncello si apre infatti con due appuntamenti incentrati proprio sul gesto nascosto della parola, vale a dire su ciò che comunemente – con non poche ambiguità – chiamiamo poesia. Ci ritroviamo così, però, al punto di partenza, che cos’è la parola? e che cos’è la parola in poesia?

Spesso la si confonde con la metrica, con la retorica, con la fonetica, perché il primo approccio è scolastico-didattico, ma la poesia è innanzitutto azione, non astrazione estetizzata. Poesia deriva da ποιεῖν pôiein, che in greco antico stava per “fare, produrre, creare”. Ed è proprio qui che ci porta, o dovrebbe portarci, la parola poetica: alla creazione. La poesia, dunque, è ciò che svincola la parola dalla sua mera strumentalità; ciò che ne recupera la percezione globale quale idea suono e oggetto; ciò che trasforma insomma il pensiero in opera.


Castello Pasquini, Castiglioncello

Per introdurci alla voce del teatro, Armunia (direzione Angela Fumarola e Fabio Masi) decide di cominciare con l’arte dell’evocazione, affidandosi a due nomi imprescindibili della nostra poesia: Alighieri e Campana.

La storica compagnia di post-avanguardia Lombardi-Tiezzi (già Carrozzone e Magazzini Criminali) recupera Dante Inferno – un’esperienza del 2000-01, in cui la prima cantica dantesca veniva mescolata e contaminata con i versi di altri poeti del secolo scorso (Pasolini, Gramsci, Pound) – e la traspone ora su un piano ancora più ampio. Inferno Novecento, infatti, si imbarca sulla zattera sempre nuova sempre vecchia della Commedia per attraversare la tempesta storico-culturale del Ventesimo secolo. Cono di luce, leggio, abiti scuri, Sandro Lombardi e David Riondino intrecciano le terzine dell’Inferno con le colonne della cronaca, all’entrata del regno troviamo così Fellini, Masina, Mastroianni, Nono, Bobbio, volti del passato e volti del presente, Al Fayed e Lady D ci appaiono come moderni Paolo e Francesca, e poi ci sono i nuovi suicidati della società come Marilyn Monroe e Haydee Santamaria eredi di Pier della Vigna, o ancora Brunetto e Dante che rivivono in Warhol e Lou Reed, per giungere alle stragi dell’Isis, alle torri gemelle e infine fuori a rivedere le stelle.

Una commistione di storia e icone, giornalismo e poesia, concettualmente interessante (magnetica, come sempre, la voce di Lombardi), ma che tuttavia nella sua totale eterogeneità di ingredienti e soprattutto di linguaggi rischia l’effetto pastiche pop (drammaturgia originale Fabrizio Sinisi); effetto che seppur non così distante in fin dei conti dallo spirito medievale della Commedia, nella sua continua alternanza di registri spezza decisamente l’azione poetica. Così il ponte sembra rimanere sospeso, la parola cadere.


Sandro Lombardi e David Riondino

Di segno completamente opposto, l’appuntamento con Claudio Morganti e i Canti di Dino Campana. Entrando alla sala del thè del castello Pasquini, difatti, si ha subito l’impressione di essere attesi a un incontro: Morganti è già lì, in abiti larghi, seduto su un cajon, giocherella con le percussioni di un pad controller, invita i suoi ospiti a sedersi ai tavoli della piccola stanza affrescata, a favorire della frutta e del vino che lasciato su di essi, mentre attende con piacere. Ma l’attesa non sarà preludio a uno spettacolo – e qui si nasconde il prezioso paradosso dell’incontro.

Morganti ha bisogno del pubblico eppure ne è completamente indifferente; per convenzione, artista e spettatori non possono fare a meno di essere lì, convocati per un evento, ma come dimostra l’aria informale di questo incontro non hanno bisogno di mentirsi a vicenda, di riversarsi cioè delle aspettative: per instaurare uno scambio basta innanzitutto esserci. L’uno e gli altri, allora, saranno voce e orecchie – semplicemente, di una semplicità ritrovata –, e a unirli nella “creazione” la parola poetica di Dino Campana.


Claudio Morganti

Questa nuova edizione del festival sembra dunque volere inaugurare un percorso alla visione che prima di tutto si fa consapevolezza della propria presenza. Esserci per ritrovarsi, esserci per scoprirsi. Ecco allora che se la poesia ci dona le chiavi dell’evocazione, il teatro ci immerge in essa.

Il confine tra arte, incontro e scambio scompare.

– Inequilibrio 2015. Dal 24 al 28 giugno e dal 1° al 5 luglio al Castello Pasquini –
(Per maggiori informazioni: clicca qui)

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