C’è chi va dallo psicologo per risolvere annosi problemi di coppia dopo dieci anni di convivenza, chi decide di darsi alla procreazione per rimandare discussioni senza limiti di tempo e chi, infine, decide di concedersi una bella vacanza dalla quotidianità nella speranza che sia solo lo stress a minare la vita coniugale dell’uomo contemporaneo. Può una vacanza risolvere tutto? La risposta è quasi certamente no e, anzi, quel tutto può peggiorare specie se di mezzo c’è la mafia russa, il riciclaggio di denaro sporco e un’irresistibile richiamo nei confronti de la cosa giusta da fare.
Perry (Ewan McGregor) e Gail (Naomie Harris) sono belli, inglesi e con qualche problemino di troppo nella vita di coppia e una vacanza a Marrakech sembra essere quello che ci vuole per non distruggere del tutto quello che hanno creato in un decennio assieme. Gail è un avvocato di successo e sembra essere poco disponibile a mollare il lavoro e le responsabilità perfino durante una lussuosa cena romantica mentre Perry ha voglia di divertirsi: per questo decide di seguire Dima (Stellan Skarsgård) a una festa russa dove finisce per mettere in mostra tutta la sua galanteria, salvando una donzella da un violento stupro pressoché compiuto. Perry non lo sa ancora, ma proprio la sua bontà d’animo lo metterà nei guai: Dima è un uomo d’affari che ricicla denaro per la mafia russa ed è in pericolo di vita tanto quanto la sua famiglia. Sceglie il buon Perry per prendere contatto con i servizi segreti di Sua Maestà ed è pronto a tradire tutto e tutti pur di salvare la sua famiglia.
Il traditore tipo è un thriller diretto da Susanna White, nota per aver portato sullo schermo la serie di libri su Tata Matilda, che anche questa volta si affida a un romanzo, l’omonimo Our kind of Traitor di John le Carré, per arrivare al grande schermo con un film scialbo. Senza mezzi termini, i personaggi sono appiattiti su se stessi, caratterizzati come macchiette in un quadro sbiadito.
La trama di per sé non è delle più brillanti e originali, anzi, si rifà in pieno alla tradizione del genere spionistico senza scostarsi un minimo, quel tanto da evitare l’effetto eco che invece qui si sente come un urlo a pieni polmoni. Non c’è evoluzione – e mi verrebbe da dire neppure speranza – per questi personaggi senza una trasformazione e senza troppe ombre sulla loro esistenza. Stabilito all’inizio del film l’obiettivo a cui arrivare, si prosegue dritti come un treno verso la meta finale. Un treno non ad alta velocità, anzi, probabilmente a carbone, uno di quelli dell’Ottocento.
Il ritmo è lento, prevedibile, senza alcuna reale tensione tanto che ogni piccolo plot twist della trama può essere anticipato con largo anticipo perfino da uno spettatore poco avvezzo al genere. Nemmeno sul versante del visivo si hanno notizie confortanti poiché la regia sembra succube di una narrazione (che dovrebbe essere) tesa. Siamo, insomma, davanti a un film che non vale la pena vedere? La risposta finale rimane sospesa, in omaggio alla miglior tradizione del genere.