Il piano di Maggie – A cosa servono gli uomini – Rebecca Miller
Figlia di Arthur Miller e moglie di Daniel Day-Lewis, la regista Rebecca Miller (Personal Velocity, La Storia di Jack & Rose) con Il Piano di Maggie libera dall'alveo degli scaffali delle librerie il romanzo di Karen Rinaldi (appena pubblicato in Italia da Rizzoli con il titolo A cosa servono gli uomini)
Tic-tac , tic- tac il tempo corre in fretta per Maggie (Greta Gerwig) ma lei sembra non avere più la forza di stargli dietro. Newyorkese con una avviata carriera accademica alla New School, maniaca del controllo e collezionista di cattive relazioni, credendo di non poter trovare mai una persona che l’ami abbastanza da poterle dare un bambino decide la strada dell’inseminazione artificiale. Il donatore? L'ex compagno del college Guy (Travis Fimmel), da giovane mago della matematica e adesso produttore artigianale di sottaceti. Il piano di Maggie è costretto a cambiare dopo l'incontro con John Harding (Ethan Hawke), professore di antropologia e aspirante romanziere, di cui si innamora. Serendipità? Forse ma sfortunatamente John è sposato con Georgette (Julianne Moore) affermata scrittrice verso cui prova un forte senso d’inferiorità. Un matrimonio infelice ma è pur sempre un matrimonio.
Il soggetto è il registro dell'ultimo film di Rebecca Miller sono presi in prestito dalla tradizione della screwball comedy americana. Al principio sembra di vedere il film giusto: ritmo spedito, dialoghi freschi e personaggi colorati. Ma in men che non si dica i difetti arrivano a due a due fino a diventare dispari. Il testo è confuso, pieno di riff satirici e battute stupide come un calembour di fine Settecento. Tutti i personaggi sono degli uomini di paglia su cui gli autori si divertono a infilzare in modo disordinato le nevrosi e idiosincrasie dell'uomo moderno. Gli attori non sembrano avere un attimo di respiro intrappolati in una zona morta che rimbalza tra la commedia indie stile Richard Linklater o Noah Baumbach (di cui si fa spudoratamente il verso) e un dramma sui rapporti interpersonali. L'intreccio è confuso e irrisolto, talmente piatto e senza sostanza che lo spettatore finirà per non fare il tifo per nessuno dei protagonisti e annoiarsi a morte.
Ne è un esempio la patetica scena in cui i personaggi interpretati da Ethan Hawke e Julian Moore (con accento europeo come in Il Grande Lebowski) ritrovano l'amore, cantando Dancer in the Dark di Bruce Springsteen in un borghesissimo chalet di montagna, circondati da gente con maglioni bruttissimi.
Magnetica la performance di Greta Gerwig (interprete dello stesso ruolo di naive metropolitano da circa un decennio) che regge quasi da sola tutta la baracca. Il Piano di Maggie è un film banale che fa del cliché il senso predominante della storia. Una perdita di tempo.