Il giuoco della parti
Su “Il giuoco delle parti” andato in scena al Teatro Sociale di Valenza non mi sbilancio. Sarà perché non mi sono goduto a pieno il primo atto, causa la scomoda posizione su uno dei palchi laterali (a cui ho rimediato cambiando posto durante l’intervallo). Sarà per alcuni elementi dello spettacolo che “a pelle” non ho apprezzato.
Comunque, procediamo con ordine. La prima cosa che mi ha colpito (non c’è niente da fare, l’occhio arriva prima) è stata la scenografia. Molto semplice e minimalista: tre vaste pareti di specchi, messe lì quasi ad amplificare quel gioco dei ruoli, a raddoppiare, triplicare, quadruplicare l’immagine delle maschere agenti (il marito, Leone, la moglie, Silia, l’amante, Guido). Perché è di questo che ci parla Pirandello: di forme e di contenuti, di involucri stereotipati (borghesi) e di ciò che sotto di essi si muove e si agita. Tutti i protagonisti sanno di questo sottile oscillare tra un fuori ed un dentro ma nessuno ha il coraggio di svelare il meccanismo, piuttosto di usarlo per i propri scopi. Silia e Guido vogliono sbarazzarsi di Leone, quest’ultimo infine vorrà attuare la sua vendetta.
Una vendetta che prende forma nell’ultimo atto: qui il marito, fino a prima nascosto sotto un velo di indifferente razionalità, scioglie le maschere e imporrà a Guido di presentarsi al posto suo al famoso duello che gli sarà mortale.
D’impatto alcuni elementi scenici, primo fra tutti il tonfo improvviso di una delle sedie poste in una fila quasi sul proscenio (apparentemente inutile) ad evocare in maniera insolita ed efficace lo sparo che sarà fatale per Guido. Non posso poi tralasciare la grande ammirazione suscitata, in particolare nel pubblico femminile in sala, dagli abiti di raso rosso e velluto verde della protagonista. Buona l’interpretazione di Geppy Gleijeses nella parte di Leone: il distacco razionale e calcolatore ma anche il dirompere delle passioni nel finale (perché sono queste che alla fine prevalgono). Ho trovato invece alquanto artificiosa Marianella Bargilli (Silia), tendente a perdere naturalezza e a calcare troppo enfaticamente i momenti più drammatici.
Insomma, uno spettacolo nel complesso apprezzabile ma sostenuto principalmente dalla grande forza e profondità del testo pirandelliano.