Il dilemma del realismo nel Bad Jazz di Farquhar
Teatro nel teatro sulla scena britannica di TREND al Belli di Roma
È troppo reale.
Così rispose quasi inorridito Papa Innocenzo X di fronte a un suo ritratto realizzato da uno dei pittori più in voga in quel momento: Diego Velázquez. Austero, severo e troppo brutto nella sua espressione fredda e calcolatrice. Papa Innocenzo X dovette piegarsi alla rivoluzione artistica che si stava compiendo in quegli anni: la volontà dell’arte di rappresentare la realtà così com’è—senza nessun compromesso.
La verità nell’arte spesso è stata allontanata, messa da parte come se si trattasse di una caratteristica non affine alla rappresentazione. Eppure ci sono dei particolari momenti nella storia dell’umanità dove irrompe nell’arte con tutta la sua forza—e sconcerta, disorienta, lascia interdetti, esattamente come Innocenzo X di fronte al realismo geniale di Velázquez.
A teatro, l’arte più malleabile di tutte, possono succedere cose strane, la verità della vita di tutti i giorni può innestarsi nella drammaturgia di una messa in scena. Un procedimento molto amato dai drammaturghi contemporanei e di cui Bad Jazz di Robert Farquhar è l’esempio perfetto.
La pièce ha debuttato in prima nazionale al Teatro Belli di Roma nella rassegna dedicata alle nuove drammaturgie della scena britannica, TREND (a cura di Rodolfo Di Giammarco).
Guglielmo Guidi ne ha curato la regia portando in scena una cronaca realistica della vita di chi decide di fare teatro. La realtà sgangherata di un’attrice Natasha (Mariagrazia Pompei) decisa a interpretare la scena di una fellatio realistica, nonostante il disaccordo del compagno, Ben (Andrea Bonella), i malumori di un regista, Gavin (Simone Ciampi) in eterna crisi con la sua etica, le vicissitudine sessuali tragicomiche di un attore, Danny (Giovanni Serratore), la concretezza e la praticità di un’assistente alla regia (Marika De Chiara) e la vita naif e completamente distaccata dalla realtà dell’autrice del testo, Hannah (Carmen di Marzo).
Una giostra senza freni e senza inibizioni, dove tutti vogliono essere protagonisti e nessuno ha intenzione di mettersi a disposizione della storia da portare in scena. Bad Jazz è un teatro nel teatro che prende di mira un particolare tipo di «artista» devoto alla ricerca e al suo ego, una farsa satirica tragica, senza sconti, che svela i meccanismi di “certi” modi di fare arte. Il ritmo diventa l’elemento fondamentale su cui basare il gioco, tra i due livelli di racconto: la realtà dei personaggi e la pièce che vogliono portare in scena, un cambio di battuta sbagliato, una disattenzione sul delicato equilibrio scenico, e l’intera costruzione drammaturgica potrebbe crollare. Gli attori di Bad Jazz, a parte un inizio sottotono, rispettano le regole del ritmo e si destreggiano bene nell’entrare e uscire dai due piani narrativi.
«Il teatro deve sempre conservare il diritto di fottere la mente della gente» grida Gavin, in un’esternazione della sua frustrazione, incapace come accade a tanti registi e artisti di sfuggire ai tentacoli del proprio ego, forzando la mania di rappresentare l’irrappresentabile realtà.
Ascolto consigliato
TREND, Teatro Belli, Roma – 27 ottobre 2017
BAD JAZZ
di Robert Farquhar
con Mariagrazia Pompei, Simone Ciampi, Giovanni Serratore, Andrea Bonella, Marika De Chiara, Carmen Di Marzo
regia Guglielmo Guidi
traduzione Stefano Cisano
GEKON productions Francesco Dainotti