I fallimenti delle Ariette
Attorno a un tavolo con le Ariette fra storie e tagliatelle
Uno spettacolo delle Ariette si attende con gioia, come un giorno di festa. E proprio come tutte le ricorrenze che si rispettino – e per chi conosce un po’ la proposta artistico-culinaria di Paola Berselli, Stefano Pasquini e Maurizio Ferrarresi – sappiamo già, più o meno, a cosa andremo incontro. Varcata la soglia del Teatro Quarticciolo (negli ultimi anni “casa romana” delle Ariette) sappiamo già, per esempio, che verremo accolti dal rumore di pentole in ebollizione e profumi; che troveremo ai lati del palco i costumi utilizzati nel corso dello spettacolo, locandine di creazioni precedenti e magari qualche foto del passato.
E ancora, sappiamo che saliremo direttamente in platea – incontrando lo sguardo di Paola e Stefano e Maurizio intenti a ultimare le preparazioni – a mangiare lungo una grande tavolata assieme a degli sconosciuti che a fine spettacolo forse si ritroveranno a chiacchierare con la sensazione di aver condiviso molto più di un pasto o uno spettacolo, ma un vero e proprio momento di incontro attraverso il teatro.
Sappiamo anche un’altra cosa: che, per fortuna, la cena stasera non farà né ingrassare né dimagrire – farà semplicemente bene. Perché al di là di qualsiasi moda o ossessione in fatto culinario, le Ariette recuperano un legame più diretto ed emotivo con il cibo che nello stile di vita odierno tendiamo sempre più a dimenticare: quel cibo che mangeremo infatti è connesso realmente al rispetto per la terra, che le Ariette coltivano con orgoglio e sudore; a un sapere antico che ha a che fare con una tradizione familiare – e quindi a una storia; a un bisogno genuino di nutrimento e condivisione senza eccessi né ostentazioni; lo stesso discorso si potrebbe fare per le parole che lo accompagnano.
Eppure, nonostante il ripetersi di questa ormai collaudata cornice – riunire gli “amici” a tavola per raccontare loro storie (non solo) attinte dall’autobiografia – le Ariette trovano sempre nuovi angoli prospettici da cui osservare la loro – e la nostra – vita. In Attorno a un tavolo è il fallimento a dare il via a nuovi racconti, riflessioni, lettere d’amore, ricordi, giochi di abilità con le uova e altro ancora. Lo scriveva anche Beckett in Worstward Ho con una frase ormai diventata una massima pop: Fail again. Fail better.
Tutta la vita è costellata dal fallimento, ma non bisogna disperare, e le Ariette sono qui a ricordacelo raccontando i propri «piccoli fallimenti senza importanza»: quelli combattuti inutilmente, come una buffa quanto irritante invasione di cinghiali che vanno a rovinare gli orti; quelli accettati con un sorriso, cucinare brioche calde il giorno di Capodanno e non vedere nessuno degli amici arrivare. E ancora quelli che determinano un cambiamento legato a un momento storico, l’Enel che toglie l’acqua al mulino utilizzato per macinare la farina allo scopo di costruire una diga; o a uno più personale di Pasquini, che “fallendo” nell’impresa di portare avanti l’attività di famiglia (rinunciando così a una mortadella leggendaria) ha trovato nel fallimento un’opportunità di percorrere una nuova strada, il teatro.
Così, fra un hummus di zucchine, formaggio, focaccia e bicchieri di vino rosso che agilmente vengono riempiti, i racconti generano anche domande che interrogano il mondo di oggi in continua trasformazione: fino a che punto accogliere il cambiamento o combatterlo? Dove finisce l’accettazione e inizia la rassegnazione?
Ma poi le inquietudini senza risposta scivolano via per lasciare spazio ora al ricordo commosso del primo incontro tra Berselli e Pasquini – pochi riescono a parlare d’amore in modo così toccante senza risultare melensi –, ora alle canzoni tradotte di Tom Waits, ora alla meraviglia e insieme all’imperscrutabilità della natura che durante la notte fa cambiare colore ai fiori.
C’è in questa nuova creazione la volontà di esplorare un’ampia gamma di sfaccettature emotive che arrivano a toccare anche il dolore e la disperazione attraverso un contrasto delicato ed efficace fra ironia e tragedia, come è il caso del racconto di un libro su Auschwitz che Paola Berselli legge per esorcizzare la paura di volare, o dell’esecuzione a morte di un clown che fino alla fine però mantiene un sorriso beffardo sfidando così il fallimento – la morte – con coraggio.
Con la stessa cura, consapevolezza e grazia con cui impastano, tagliano, cuociono e infine portano a tavola un piatto di tagliatelle fumanti, le Ariette raccontano di fallimenti, paure, slanci amorosi, del tempo che passa, di una società che cambia, del mistero dello stare al mondo («chi sei, fratello? Di quale Dio sei figlio? Cosa ti ha fatto nascere su questa terra uomo o donna?» sono altre incursioni in una verticalità senza risposta con cui Berselli apre lo spettacolo), ricordando anche a noi della nostra fallibilità insita nella condizione umana, che è altresì sintomo di vitalità: fallire implica un movimento (Ever tried. Ever failed), una tensione alla vita.
Forse è proprio per questo che attorno a quel tavolo si risveglia anche un senso di empatia che ci fa sentire meno soli e più uniti nello stesso percorso, anche se in modi straordinariamente diversi.
Ascolto consigliato
In apertura: Teatro delle Ariette. Foto ©Stefano Vaja
ATTORNO A UN TAVOLO
(piccoli fallimenti senza importanza)
di Paola Berselli e Stefano Pasquini
con Paola Berselli, Maurizio Ferraresi e Stefano Pasquini
scenografia e costumi Teatro delle Ariette
regia Stefano Pasquini
segreteria organizzativa Irene Bartolini
ufficio stampa e comunicazione Raffaella Ilari
produzione Teatro delle Ariette 2018
Teatro Biblioteca Quarticciolo, 21 settembre 2018