Hybris – Fast Animals And Slow Kids
A quindici anni giravo in Ciao per la bassa emiliana, avevo un casco pieno di adesivi e le cuffiette di un Audiola sparavano le note rabbiose di Moravagine, Linea77, Porno Riviste e Punkreas. Capita poi che i gusti cambino e che ci si ritrovi dal sentirsi un punk ad amare i vinili di Miles Davis dei tuoi genitori, finchè un giorno, a distanza di dieci anni da quei momenti, capita invece, all’ascolto di un nuovo album, di immobilizzarsi, rimanendo inermi davanti ad un cazzotto emozionale sferrato in pieno volto ed in grado di scaraventarti a terra, riportandoti alla mente tutti quei km percorsi solo per sfogare una rabbia adolescenziale.
Hybris, seconda fatica dei perugini Fast Animals And Slow Kids, è un lavoro che profuma di strade bruciate in giro per l’Italia suonando quello che fu un ottimo disco d’esordio; profuma di palchi sudici e di un emo-core maturo che mischia una sana cattiveria ad una completezza acustica espressa in più frangenti. Undici pezzi che, interpretati con collera e precisione, riescono a coinvolgere sia la tua parte più istintiva che quella più logica, risultando punk senza però essere ignoranti, e raggiungendo in certi frammenti, grazie ad arrangiamenti sinuosi, ai fiati e ad una buona sezione archi (Manzan colpisce ancora) una certa epicità. Un lavoro compatto da cui trarre una visione d’insieme che parla di insuccessi, di solitudine, di nostalgia e di voglia di rivalsa.
L’organo ed i leggeri arpeggi della chitarra classica che aprono Un pasto al giorno rendono già palese la maggior cura dei dettagli che i quattro hanno avuto durante la composizione di Hybris, così come la violenza che immediatamente dopo si abbatte sopra questi momenti eterei ben ricorda qual è l’anima dei FAASK. Combattere per l’incertezza è un inno per tutti quelli che, almeno una volta nella vita, dalla disperazione e dai timori hanno tirato fuori qualcosa di grande: io avevo paura di esser diverso, lo sento, ma ora divento più grande e cambio le sorti del mondo. Una canzone che è un manifesto.
A cosa ci serve è la dimostrazione di come, se si hanno le capacità, si possa parlare di sentimenti universali e condivisi senza risultare mai banali, mentre la doppietta Maria Antonietta (uno dei pezzi che più si rifà alla tradizione del punk rock italiano di cui parlavo prima) Troia suggella definitivamente l’amalgama sonora/stringente di quello che è semplicemente un bellissimo disco, soprattutto per chi ha vissuto i propri quindici anni con incazzatura e sentimento e per chi, in fondo, ancora non ha smesso di farlo.
Free Download di Hybris da Woodworm Label