Helmut Newton – Sumo
Un collage di decine di foto. Oltre quarant’anni di lavoro, sempre sulla cresta dell’onda e delle critiche. Uomini, donne, sessualità e jet-set. In un’unica mostra, per capire l’universo provocatorio di uno dei più grandi fotografi di tutti i tempi.
Nella storica cornice della ex Chiesa di San Francesco, consacrata nel 1266 e oggigiorno adibita a rassegne temporanee, è ora allestita la mostra Helmut Newton Sumo, prima puntata della trilogia di mostre pensate per arricchire, in termini qualitativi, il cartellone della seconda edizione della manifestazione Bianco&Nero (le prossime saranno su M. C. Escher e Henri Cartier-Bresson).
Uscito nel 2000, il volume Sumo è una sorta di compendio artistico del celeberrimo fotografo, che raccoglie 394 scatti dell’intera carriera nel formato 50×70. Le diecimila copie allora stampate e autografate dall’artista stesso (una delle quali è in visione presso la sede della mostra) oggi hanno un valore di quindicimila euro e rappresentano un vero e proprio testamento monumentale, vista la morte che lo avrebbe colto solamente quattro anni dopo.
La casa editrice Taschen, a dieci anni di distanza dall’uscita di questa opera definitiva, ne ha stampato un formato ridotto e, insieme alla Fondazione Newton ha messo in piedi questa mostra, che è una fedele, quanto semplice, esposizione degli scatti raccolti nel libro stesso.
Non servono particolari effetti speciali nell’allestimento curato da Matthias Harder, basta la potenza espressiva dello sguardo tagliente e critico di Newton a dare un senso (profondo) alla visita. Così nella chiesa, a navata unica, sono stati inseriti dei semplici pannelli e fissate le fotografie, su più file.
Certo, l’impressione è di un sovraccaricamento che lascia senza respiro e provoca una certa vertigine emotiva, ma forse questa è proprio una conseguenza cercata e diretta, in perfetta sintonia con la volontà espressiva del Nostro.
Nelle foto emergono chiaramente le tematiche più rappresentative: la moda e il suo mondo, lo star system, il (nudo) femminile, l’autocelebrazione. Dai primi scatti di moda ai grandi nudi femminili assistiamo esterrefatti a immagini di una nitidezza quasi ossessiva, mai sfocate, sparate da una luce violenta e incorniciate in un’eleganza esagerata, sfarzosa, grottesca.
Ne esce un ritratto cinico del mondo del cinema e della moda, come nel ritratto a colori, in piscina, di Elizabeth Taylor: fuori dall’acqua una donna perfetta, nel riflesso un indefinito e sfatto gioco di ombre fuori controllo. Ma anche dell’ipocrisia dello sguardo e della donna, ritratta con necessità erotica e identità indefinita.
Newton usa quasi sempre un bianco/nero netto, con il rifiuto delle foto in studio e l’attenzione maniacale per ogni dettaglio dell’inquadratura.
Tutta la mostra è un pugno alle maschere buoniste, una provocazione continua per gli occhi e quel buon gusto che lui riteneva essere l’unica, vera volgarità da denunciare.