A Udine il Teatro Club, con la sua stagione Akrópolis, è da sempre un punto di riferimento, una realtà cittadina che alimenta la riflessione e promuove il valore del teatro civile e i valori da recuperare in seno alla società contemporanea. L’apertura della stagione 2011/12 è stata affidata e non poteva andar meglio al teatro/canzone di Giulio Casale, interprete di spiccata sensibilità che rende magnetica ogni apparizione pubblica. Casale, cresciuto tra palazzetti dello sport e music club, ha assorbito i valori più nobili di ogni sua esperienza, traendo insegnamenti sempreverdi e trascurando le effimere istantanee del successo. Ora lo ammiriamo senza riserve, cantore di uno spirito libero, ma pensante.
Il suo ultimo lavoro, The Beat Goes On, è portato in scena senza fronzoli in una scenografia essenziale e con il solo accompagnamento musicale (tastiera, chitarre) di Matteo Curallo. Un viaggio che parte dall’America dei ’50 e, attraversando opere di poeti, scrittori e musicisti, ci aiuta a prendere coscienza delle contraddizioni del nostro presente. Quasi tutto è quindi affidato alla sua voce interpretativa che alterna la lettura di poesie (Ginsberg, Kerouac), a canzoni d’autore (Dylan, Tenco, Lauzi, De André), a brevi monologhi. E la messinscena ci stupisce per intensità e drammaticità, perché riesce ad arrivare come una stilettata al cuore del pubblico in sala.
La performance è di quelle che non consentono distrazioni: la voce profonda, calda, vibrante, la mimica particolarmente accentuata per sottolineare ogni parola, ogni concetto. Casale è un insieme inestricabile di etereo e terreno, di passione e razionalità, perennemente guidato dallo spirito di Giorgio Gaber e da quello di Fernanda Pivano.
Una lezione di vita più che un semplice spettacolo, un’esortazione ad essere beat, a guardare senza vergogna nel nostro mondo interiore e a coltivare le nostre peculiarità. “Ho visto le menti più brillanti della mia generazione rimanere schiacciate dalla normalità” – dice Casale “se non abbiamo più speranza dobbiamo essere speranza, se non ci lasciano fare la rivoluzione dobbiamo essere rivoluzione“.