La nostalgia di un ideale
I Furiosi di Parenti tra fede e teppismo
Il calcio è l’unica rappresentazione sacra del nostro tempo. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro. Questa è una delle celebri dichiarazioni di Pier Paolo Pasolini, grande amante del football. Verità che potrebbe far inorridire molti intellettuali, ma che diventa un’interessante questione sociale e culturale da analizzare se si inizia a guardare lo sport come un linguaggio, un sistema di segni, capace di coinvolgere milioni di persone. A questo deve aver pensato Fabrizio Parenti per la messa in scena di Furiosi, spettacolo teatrale tratto dall’omonimo romanzo di Nanni Balestrini.
Quattro uomini vestiti da gladiatori aspettano il pubblico in sala: Marabù (Giampiero Judica), Occhione (Fabrizio Parenti), Nibbio (Alessandro Riceci) Picchio (Josafat Vagni). Sono loro i furiosi, rappresentati epici e plastici delle Brigate Rossonere, Ultras della tifoseria del Milan. Loro arrivati dallo squallido vuoto esistenziale della provincia lombarda, raccontano al pubblico i loro gesti epici, la loro vita da tifosi, da ultras, ma soprattutto da furiosi. Trasferte di ecstasy e botte, striscioni, cori, retate della polizia e sassaiole. Imprese che di epico non hanno niente, ma che per questi uomini hanno la stessa valenza delle imprese dei partigiani della Resistenza di cui scimmiottano nomi e canzoni.
Furiosinonha niente a che vedere con la solita retorica dei racconti sulla violenza degli stadi. Può essere definito piuttosto come un Trainspotting teatrale all’italiana, solo che al posto dell’eroina c’è il calcio, scusa per innescare una violenza gratuita che fa salire l’adrenalina, riempie il vuoto dell’esistenza di emozioni e codici d’onore da rispettare. Uno stile di vita, un credo a cui obbedire ciecamente: e testimoni votati a questa religione sono i quattro protagonisti, che ci tengono a far sapere al pubblico che i loro epici gesti di rabbia e teppismo non sono semplici episodi dovuti a una vita di frustrazioni. Chi è Ultras veramente dedica tutta la sua vita alla violenza, sia che sia per una rapina, per la politica o per una squadra di calcio. Lo scopo è indifferente.
Ecco la chiave di lettura dello spettacolo, capace di catturare l’attenzione del pubblico, anche di quello più avverso al calcio, e di trasformare i quattro teppisti in melanconici filosofi contemporanei.
Furiosi (produzione Teatro di Roma), grazie a un equilibrio drammatico e recitativo ben calibrato, è uno spettacolo corale ma che mantiene intatte le personalità dei suoi personaggi, ritratti in maniera dettagliata. Peccato per l’eccessivo uso dei video, che rischia di trasformare lo spettacolo in una didascalia del romanzo di Balestrini, ma per fortuna i quattro ragazzacci sono capaci di coinvolgere il pubblico e di far chiudere un occhio anche al critico più pignolo su qualche intoppo registico.
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