Frost/Nixon – Ferdinando Bruni & Elio De Capitani
Otto attori, sei poltroncine da ufficio su rotelle, una cornice che accenna l’idea di uno studio televisivo: tanto basta a Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, per evocare lo scontro sul primo storico ring da tubo catodico, tra l’anchorman britannico Frost e il reo (non ancora) confesso Nixon. L’adattamento si basa sul testo teatrale dello sceneggiatore Peter Morgan, che nel 2006 raccontò la vicenda Watergate, ispirando anche l’ultimo di una serie di film (Frost/Nixon: Il duello, 2008, Ron Howard), che raccontano di David Frost e di come questo singolare uomo televisivo, riuscì ad ottenere un’ammissione di colpa dall’ex Presidente repubblicano, sulla vicenda di spionaggio e insabbiamento politico venuta a galla tra il 1972 e il 1974. Lo spettacolo racconta la genesi, lo sviluppo e la clamorosa conclusione della serie di interviste che, nel 1977, Frost ottenne da Nixon, il quale accettò con l’idea di riabilitarsi politicamente e finì per suicidarsi mediaticamente.
David Frost fu soprattutto uno showman, ed è su questo aspetto che i registi e interpreti Bruni (Frost) e De Capitani (Nixon) pongono l’accento tonico della drammaturgia, per stimolare la riflessione su come e quanto, dopo il Watergate, il rapporto tra media e potere sia diventato un gioco d’equilibrio circense: da quel momento in poi, i network sono diventati vere e proprie armi di “distrazione di massa”, trespoli sui quali impettiti, si pavoneggiano i pennuti del potere, che hanno imparato la lezione, e in tv sono perfettamente a loro agio. Tanto per guardare in casa nostra, come non riconnettere questo spettacolo a “evoluzioni” come «l’editto bulgaro» berlusconiano, o il tragicomico siparietto recente tra Grillo e Vespa, prove provate di quanto dagli anni Settanta in poi lo spettacolo della politica sia diventato la sbobba quotidiana dei detenuti dal piccolo schermo.
Bruni e De Capitani, efficaci come attori e come registi (se si eccettua la scelta di affidare ad un personaggio chiave della vicenda anche il ruolo di narratore), raccontano la radice etimologica dell'”infotainment”, catturando il momento storico in cui l’intrattenimento, camuffato da informazione, incastrò la politica: oggi è tutto capovolto, è piuttosto la politica che, svenduta come informazione, ha reso la Tv uno specchietto per le allodole, e allodole lo siamo un po’ tutti. Oggi, chiunque fosse testimone di uno scandalo politico, chiamerebbe Barbara D’Urso (o nel migliore dei casi Report), più che allertare chi di dovere, come accade in una scena di Forrest Gump quando sotto gli occhi del protagonista, si consuma proprio il Watergate: ma Forrest Gump è solo un film, Frost/Nixon è la televisione, spiegata a teatro.