Per il suo ultimo lavoro Free fire, presentato al Toronto International Film Festival e scelto come film di chiusura del Torino Film Festival dell’anno scorso, il regista britannico Ben Wheatley sceglie un cast numeroso che vede la presenza, tra gli altri, di Brie Larson (attrice premio Oscar per Room nel 2016), Cillian Murphy, Armie Hammer e Sharlto Copley.
Siamo a Boston, alla fine anni Settanta. Due gruppi di criminali si incontrano in un enorme capannone abbandonato per una vendita di armi: da una parte degli irlandesi e dall’altra degli americani, capitanati però da un sudafricano bizzarro, e in mezzo una donna (la sola) e un uomo a fare da intermediari durante lo scambio. Una spiacevole coincidenza però porterà a un duro scontro tra le due fazioni e una violenta sparatoria.
Il regista si trova di nuovo a dover sfruttare spazi limitati e circoscrivere l’azione dei personaggi in ambienti chiusi, come successo già nel suo precedente High-Rise – La rivolta, dove la vicenda si svolge in un unico edificio. Per l’utilizzo di questo spazio ristretto e claustrofobico dove le due fazioni si scontrano, Free Fire non può non ricordare allo spettatore l’ultimo lavoro di Quentin Tarantino, The Hateful Eight – anche per la presenza di un solo personaggio femminile all’interno di una scena dominata da uomini – oltre che Le Iene, con la famosa carneficina compiuta nel capannone abbandonato.
Proprio allo stile di Tarantino sembra strizzare l’occhio l’inglese Wheatley dall’inizio alle fine del film: nei dialoghi grotteschi, nelle svolte surreali all’interno dell’azione, nell’utilizzo quasi sarcastico della musica. Nella colonna sonora spicca Run Through The Jungle dei Creedence Clearwater Revival (d’altronde la storia è ambientata negli anni Settanta) cui si aggiungono, a livello di musica diegetica, diversi brani di John Denver che sembrano voler fare da ironico sottofondo in contrasto con le scene di violenza.
Con Free fire il regista Wheatley decide di sperimentare e giocare con vari generi cinematografici, mischiando gangster, comedy, pulp, azione, thriller. Al regista interessa studiare il modo in cui i personaggi si relazionano, reagiscono alle provocazioni e si scontrano a suon di insulti e pallottole. Partendo dalla tipica situazione da film gangster (vendita di armi in cambio di una valigetta piena di mazzette di verdoni), Wheatley crea un film dall’atmosfera sarcastica e violenta insieme, che arriva a sfiorare l’assurdo. Free Fire si presenta come un’unica sequenza dilatata per novanta minuti: una interminabile sparatoria che si protrae fino all’ultima scena; uno stallo alla messicana (di gruppo) ripetuto fino alla fine.
Creando tensione continua e sfoggiando black humor in ogni dialogo, il regista realizza un film divertente e ben costruito, che rivolge continuamente lo sguardo ai grandi del gangster, primo tra tutti Martin Scorsese, che qui compare anche come produttore esecutivo; eppure Free Fire non sembra possedere le capacità per dire e mostrare qualcosa di più che possa apparire come una novità rispetto a tutti gli esponenti del genere gangster che lo hanno preceduto.