Filippo Timi è garanzia di esagerazione, eccesso, di orgogliosa rottura del limite.
Ne è una conferma Favola, spettacolo sgargiante e puntualmente sguaiato nato nel 2011, da lui scritto, diretto e interpretato. Qui l’attore, in un ruolo gustosamente en travesti, è Mrs Fairytale, donna perennemente su di giri che, durante le feste di Natale, nel salotto accogliente e kitsch in stile anni Cinquanta della sua casa, passa il tempo a fingere di essere felice e soddisfatta della propria vita, a parlare con il suo barboncino imbalsamato, a incontrare la sua nevrotica amica del cuore (Mrs Emerald, Lucia Mascino), a ricevere un vicino di casa letteralmente deficiente con in testa un cappello di Babbo Natale (Luca Pignagnoli) e un «fascinoso» istruttore di mambo.
La situazione comincia a cambiare con la notizia di un probabile arrivo degli Ufo e, poco alla volta, il suo quotidiano imbocca il sentiero del disastroso quando, tra un discorso e l’altro con l’amica, spuntano le insoddisfazioni, i tradimenti e le violenze dei rispettivi mariti nonché i lontani ricordi di abusi. L’ossessiva finzione della felicità di Mrs Fairytale inizia, allora, a stridere come un’unghia insistentemente passata sulla superficie di una lavagna. Nonostante la sofferenza, la protagonista continua ad essere «gioiosamente» delirante, a darsi a giochi non-sense di parole e pesanti allusioni sessuali, ad accogliere con esasperante entusiasmo qualsiasi evento surreale le si pari davanti (come l’improvvisa comparsa di un membro al posto della vagina).
Con la sua chioma fulva e i vestiti improbabili, Mrs Fairytale non rinuncia alla sua vitalità di pessimo gusto, a essere una marionetta dalle mille risorse, sorta di caricatura di Rita Hayworth come posseduta da una torrenziale sfilata di carnevale. Fra citazioni di Carosello, Marnie, Psycho, Doris Day, Joan Crawford, Judy Garland (della quale sentiamo Over the rainbow) e succosi scimmiottamenti di scene madri dei film Noir, Timi fa deflagrare il suo fluido trasformismo, il suo eccesso generoso con cui soddisfa la sua abile brama di protagonismo, ci sbatte in faccia con piacere fanciullesco e pestifero la sua irregolarità smorfiosa e viziata. Il suo corpo di performer ha un tale bisogno di essere, esprimersi e debordare che, se potesse, si allungherebbe e allargherebbe mostruosamente sulla scena senza lasciare libero neanche un centimetro di spazio, così che l’attenzione sarebbe inevitabilmente rivolta soltanto a lui.
Con Favola l’artista imbastisce un’isteria teatrale di illimitata energia, dietro la quale fa capolino con prepotenza la consapevolezza di una vita – quella di Mrs Fairytale – letteralmente perforata, che tanto avrebbe voluto essere una favola, ma che, alla fine, è abbastanza coraggiosa e incosciente da riuscire a scovare qualche (grottesco) spiraglio.