Era di maggio – Antonio Manzini
Rocco Schiavone è un poliziotto decisamente sui generis; se avete in mente investigatori come l’intuitivo Hercule Poirot di Agatha Christie, il paranoico Guido Ferreri di Gianrico Carofiglio o il pungente Salvo Montalbano di Andrea Camilleri, siete fuori strada.
Perché Rocco Schiavone, vicequestore politicamente scorretto nato dall’abile penna del romanziere, attore e sceneggiatore Antonio Manzini, pur essendo un poliziotto fuma spinelli, è sgarbato, scorbutico al limite dell’umana sopportazione, ha un temperamento burbero e modi spicci.
Un personaggio così drammaticamente reale, vero, un personaggio brutale perché è così che l’ha plasmato il dolore, quello per la perdita della moglie, rimasta uccisa in un agguato, in una realtà dove la tenerezza e l’umanità diventano motivo di debolezza.
È proprio il suo protagonista principale a rendere così interessante Era di maggio (Sellerio, 2015), ultima fatica di Manzini, un noir a tinte fosche ambientato tra la fredda Aosta e una Roma avvolta in ombre troppo scure per un solo uomo.
In questo nuovo capitolo il lettore ritrova con piacere il personaggio di Schiavone, già protagonista dei romanzi Pista nera (2013), La costola di Adamo (2014) e Non è stagione (2015), questa volta al centro di una vicenda che sa di corruzione, di privilegi sociali, di sesso facile e di mafia, immersa nel più totale disincanto, quello che caratterizza l’Italia dei nostri giorni, un affresco storico, sociale ed economico tristemente realistico e contemporaneo.
L’innegabile pregio stilistico di Manzini è quello di saper fondere il ritmo serrato di un thriller perfettamente orchestrato a un’ironia pungente e graffiante, in grado di rovesciare i canonici ruoli colpevole/ innocente; a fare da collante, dialoghi veloci, spiazzanti, taglienti come lame affilate.
Per quanto riguarda la lettura, essendo il quarto romanzo di una serie, Era di maggio risulta a tratti faticoso da seguire, se non ci si è nutriti a “pane e Schiavò” per un po’ di tempo.
E, a proposito di serialità, il finale aperto lascia chiaramente intendere la stesura di un nuovo capitolo, un sequel che permetterà di ottenere nuovi frammenti di quell’intricato puzzle che è la vita del protagonista, un antieroe che ci mostra le sue debolezze, ma anche un lato della giustizia non semplice da raccontare, che talvolta sfugge alla canonica legalità, dove bene e male, vendetta privata e giustizia corrono sul filo del rasoio, due rette parallele che, contro ogni convenzione, talvolta si scontrano irrimediabilmente.