Finzione e realtà, pazzia e lucidità, alienazione e mondanità. Tutte facce della stessa medaglia in un’opera – l’Enrico IV – ritenuta, insieme a Sei personaggi in cerca d’autore, la pièce teatrale più importante di Pirandello, nonché la chiave di lettura del suo universo filosofico. È più semplice essere inglobati dal fatuo flusso vitale contemporaneo o rifugiarsi nella storia, solida e inamovibile? Questo è l’epicentro dell’opera di cui Franco Branciaroli (Enrico IV) si fa istrionico interprete e regista.
Dopo la messinscena dello scorso anno del Teatrante di Bernhard, l’attore e regista milanese torna a Roma per proseguire il percorso privilegiato in quest’ultimo scorcio della sua lunga e prolifica carriera: il metateatro. La fedeltà al testo, come consuetudine per Branciaroli, è rispettata.
A seguito di una caduta da cavallo durante una mascherata in costume, il protagonista, in preda a temporanea follia, si reincarna nel personaggio che stava interpretando (l’imperatore francone dell’XI secolo). Dopo la sua guarigione, Enrico deciderà di portare avanti la «recita» perché, ormai conscio del gioco della vita, preferisce rimanere nel suo mondo fittizio. Una visita inattesa, però, mette in crisi il suo credo. Egli allora tenta un fugace ritorno alla vita reale, ma la sua sete di vendetta lo farà tornare alla volubilità della sua pazzia.
La scenografia di Margherita Palli, composta di cavalli e stendardi, è un inequivocabile simbolo del passato, presente e futuro del protagonista dell’opera. All’interno di questa scena equestre Enrico IV, nel suo «delirio, acutissimo e lucidissimo», riesce a intimidire i suoi ospiti indesiderati, timorosi che il folle imperatore «stracci loro addosso la maschera buffa e li scopra travestiti». Concetto eloquente quanto attuale quest’ultimo, in una generazione dove l’apparire conta più dell’essere, e l’Io viene relegato negli abissi dell’anima per far emergere la superficialità di travestimenti creati ad hoc, necessari per appartenere al «branco».
Proprio per questi motivi, Branciaroli si concede un’unica licenza poetica, strappando dall’originario contesto di inizio Novecento i personaggi dell’opera. Così la marchesa Spina (Melania Giglio) diventa grossolana e modaiola, la figlia (Valentina Violo) una civetta in minigonna, Belcredi (Giorgio Lanza) un affabulatore in giacca e cravatta. Insomma, l’allegra combriccola, accompagnata dallo psicologo, entra in scena in automobile per cercare di smascherare Enrico IV e, invece, uscirà smascherata da quest’ultimo.
Branciaroli, sempre perfettamente a suo agio nel ruolo di protagonista assoluto, si conferma personalità di spicco nella cerchia di chi, all’interno del contesto teatrale italiano, ha deciso di tralasciare quanto avvenuto nel secolo scorso in termini di innovazione, e si concentra su un metodo classico di recitazione. Stile che ben si addice al palco del Teatro Parioli Peppino De Filippo.
Teatro Parioli «Peppino De Filippo», Roma – 20 febbraio 2015
ENRICO IV
di Luigi Pirandello
scene e costumi Margherita Palli
luci Gigi Saccomandi
regia Franco Branciaroli
con Viola Pornaro, Giorgio Lanza, Antonio Zanoletti, Valentina Violo, Tommaso Cardarelli, Giovanni Battista Storti
e con (in ordine alfabetico) Sebastiano Bottari, Andrea Carabelli, Mattia Sartoni
produzione Teatro Stabile di Brescia | Teatro de gli incamminati