El hoyo – Il buco
El hoyo è la risposta spagnola a Parasite. Certo non raggiunge le vette dell’opera di Bong Joon ho, ma ha comunque carattere da vendere e non annoierà neanche per un attimo.
Goreng si sveglia in una cella. Insieme a lui un truce vecchietto. Entrambi sono rinchiusi in un’avveniristica prigione a cerchi, una struttura che discende sempre più nella terra. Il cibo invece è trasportato a intervalli regolari da una piattaforma che procede dall’alto verso il basso. Naturalmente chi sta più in alto ha maggiore possibilità di sfamarsi rispetto ai prigionieri in basso. Ma c’è un’incognita: ogni mese si cambia di livello, senza sapere dove si finirà la prossima volta. Goreng è tentato di aiutare gli altri prigionieri, spronandoli a cooperare per la salvezza comune. Ma risulta inutile. Tutti sono individualisti e più agguerriti che mai a tenersi più cibo possibile per sé. Una massa di assassini e criminali si affollano sopra e sotto di lui. Ma Goreng è entrato nel meccanismo per ottenere un beneficio in termini di promozione sociale. È un idealista, preoccupato di non nuocere eccessivamente agli altri prigionieri, avvisandoli o aiutandoli laddove possibile. Come sopravvivere, se stai agli ultimi livelli dove non arrivano più nemmeno i cocci dei piatti?
El hoyo (Il buco) dopo essere passato da numerosi festival internazionali tra cui Sitges e Torino, a partire da Marzo è disponibile su Netflix. Il regista basco Galder Gaztelu-Urrutia sa come manovrare i generi più disparati nel narrare e rappresentare il classismo moderno. Marx incontra Dante e Cervantes: la visione di questo mondo a gironi è un’efficace rappresentazione plastica della società contemporanea, dei suoi conflitti e delle sue pulsioni più basilari, all’interno di uno schema assolutamente implacabile. Una società egoista che smette di pensare al prossimo e svilisce la collettività è portata a trasformarsi in un inferno grigio e tetro fatto di celle in cui ognuno mira alla salvaguardia del proprio spazio; al di fuori di esso gli altri non esistono, anzi non devono esistere.
Il personaggio di Goreng si fa così Don Chisciotte che si impegna in una strenua lotta agli isolazionismi. Uno Snowpiercer verticale che lascia la veste dell’interpretazione socio-politica per un più sgargiante e pazzo gioco action, trasformando le rivalità in veri e propri scontri con arti marziali. Un The raid al contrario, a tratti goliardico ma mantenendo sempre un tono dark e pungente.