È stato il figlio – Daniele Ciprì
Per raccontare l’Italia il cinema ha spesso indossato le lenti deformanti del grottesco. La tradizione nazionale, in questo senso, è illustre, e vanta tra le sue fila nomi come Germi, Petri, Risi e più recentemente Sorrentino, Garrone. È stato il figlio, l’atteso film in concorso a Venezia di Daniele Ciprì, suo esordio in solitaria dietro la macchina da presa dopo la separazione con Franco Maresco, è un’opera che aggiorna e rielabora questa fortunata lezione, partendo da un romanzo di Roberto Alajmo.
La storia è quella di una famiglia di disgraziati palermitani che per campare raccatta rottami di ferro dalle navi arenate in mare. Padre, madre, figlio taciturno e poco più che ventenne, figlioletta ragazzina, nonna (una doverosa menzione per la magnifica Aurora Quattrocchi, volto crialesiano qui prestato ad un ruolo chiave dell’intera vicenda) e nonno con tanto di vistoso apparecchio acustico. A capo della famiglia Nicola Ciraulo, un caleidoscopico Toni Servillo nei panni logori e untuosi di uno sfaccendato padre di famiglia in canottiera, volgarissimo emblema di una meridionalità tragicomica intrisa di pigrizia, stupidità e flaccido conformismo.
Il racconto che vediamo farsi film, ambientato in una Palermo ritrovata in Puglia e fotografato nelle bellissime tonalità spente e granulose di una vecchia pellicola AGFA anni ’80, procede nelle parole di un misterioso narratore incontrato in un fatiscente ufficio postale. C’è la vittima di un violento scontro a fuoco avvenuto per strada. Lo Stato sembra poter garantire un risarcimento con il fondo per le vittime della Mafia. Ma i soldi non arrivano e quindi si lascia a pagare, accumulando debiti e cambiali. Non finirà benissimo.
Strada facendo si attraversano tutti i luoghi del ricordo, e si rivedono i corpi di uomini che come sempre nel cinema di Ciprì sono portatori di una deformità fisica segno di una barbarica deriva morale. Basti citare l’indimenticabile faccia di Mauro Spitaleri, storico frequentatore del cinema-cinico della coppia Ciprì-Maresco, nel ruolo del fantomatico avvocato cialtrone incaricato di richiedere il risarcimento. Ottimo anche l’utilizzo della musica, in particolare di alcuni pezzi neomelodici napoletani da autogrill perfetti per rappresentare la drammatica distorsione mentale di cui Nicola è preda forse inconsapevole.
Sorretto da interpretazioni ineccepibili, da un’ottima sceneggiatura e da una regia per nulla banale, È stato il figlio ha battezzato una buonissima partenza per la sparuta rappresentanza di film italiani in concorso a Venezia 69, in attesa di Bellocchio e della Comencini. Da vedere sicuramente. In uscita nelle sale il 14 Settembre.