Due giorni, una notte – Jean Pierre e Luc Dardenne
I Dardenne tornano nella familiare Cannes con Deux jours, une nuit, un film strettamente legato alla loro costante e vorticosa ricerca alla conoscenza dell’uomo nella (non) propria società. Sandra (Marion Cotillard) è stata male, per questo motivo ha perso il lavoro. Il suo superiore ha indetto una votazione tra i suoi colleghi. Sandra ha due giorni per contattare tutti, avvertirli e convincerli a tenerla visto che in previsione verranno cacciati anche altri. Proprio quando sembra non aver più voglia e motivi di lottare, il marito ed il figlio si aggrappano alla sua volontà per farla reagire. Ed è proprio in questo rapporto che sta il cuore vivo del film.
Raccontare la società attraverso piccole ma emblematiche storie personali è da sempre una caratteristica del cinema dei Dardenne. Ovviamente traslando tutto ciò sul contemporaneo, i fratelli belgi questa volta attraverso una storia personale ridefiniscono il concetto si sopravvivenza ai tempi della crisi. Quella è l’ispirazione di partenza, il punto vicino alla fine dove spesso si articola il cinema dei Dardenne. E’ un film di lotta (quasi social-sindacalista) una battaglia popolare di due giorni e una notte per riavere il proprio posto di lavoro.
L’apparente, e consueta, mancanza di un definito stile registico è in realtà la dimostrazione stessa di un innata eleganza nel toccare quelle corde e nel fare della Cotillard un simbolo quasi mistico di resistenza. Il set così scompare e la storia si autosussiste nel suo dipanarsi, perché è sufficiente la semplicità e la crudezza della realtà per sentirci tutti coinvolti. Allo stesso tempo quelle minuscole tracce sonore che sottolineano i pochi ma splendidi momenti di umanità, restituiscono la grandezza del loro cinema. Non un capolavoro, ma un altro film civile, umano e coinvolgente assolutamente da vedere, con un finale per emozionarsi.