#28: Separazioni impossibili
Dentro la Capoccia: racconti sul primo anno di vita nella Capitale
Dentro la Capoccia è un maggiordomo in vestito blu che attraversa un lungo labirinto buio con una candela in mano e non vuole spiegare niente a nessuno: vuole solo avvicinare la candela a degli elementi per mostrarli, tentare di descriverli, renderli reali. Ogni racconto è un percorso che si muove tra gli snodi dell’immenso labirinto romano, tentando per quanto possibile – di porvi un barlume di luce.
Il percorso di oggi passerà per via della Stamperia e toccherà le Leggi della Fisica, giri in barca, soldi buttati, telefonini persi, cingalesi pensierosi, le stelle dello Zodiaco per poi tornare a quel piccolo, sopracitato, barlume di luce.
Io direi: togliamoci subito di mezzo il fardello delle leggi della Fisica, che almeno stiamo tutti un po’ più leggeri.
Che dite, tutti d’accordo?
Ok!
L’equazione di Dirac afferma che (∂ + m) ψ = 0. Grazie a questa si descrive il fenomeno dell’entanglement quantistico, che in pratica afferma che: Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possiamo più descriverli come due sistemi distinti, ma in qualche modo sottile diventano un unico sistema. Quello che accade a uno di loro continua a influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce.
Prendete gli hooligans del Feyenoord e la barcaccia del Bernini: ormai sono due sistemi che sono entrati a contatto. I facinorosi di Rotterdam si porteranno avanti per tutta la vita quell’incontro con la Scultura: o per una denuncia formale, o per un po’ di galera o anche solo per il ricordo di quella strana violenta giornata che verrà a bussare nella mente negli anni a venire. In un certo senso, dopo quella pazza gita, quei protagonisti olandesi non saranno più gli stessi. Allo stesso modo, il marmo dello scultore italiano, simbolo della Capitale nel mondo, risentirà per sempre di quell’invadente modifica apportata dagli Olandesi. La fontana di Piazza di Spagna non sarà mai più la stessa dopo aver incrociato il SISTEMA violenti-tifosi-olandesi. E se la fontana di Piazza di Spagna non sarà più la stessa, neanche Piazza di Spagna sarà più la stessa. E se Piazza di Spagna non sarà più la stessa, neanche Roma sarà più la stessa.
E potete immaginarlo da soli quanto può espandersi questo modo di vedere la cosa.
«Ma dai! Non esagerare! Sono duemila euro di danno! Stiamo parlando di una scheggia di marmo! Ha detto Sgarbi che li paga lui, cosa volete che sia?», fa la coinquilina del Sud.
«Vabbè, ma che c’entra! Non è che ne stiamo facendo una questione economica, il fatto è che abbiano avuto l’ardire di fare un simile affronto ai nostri simboli… e poi, che c’entra Sgarbi, scusa?»
«Eh, vabbè, intanto, lui ha detto che li tirerebbe fuori…»
«Ragazzi, è l’ultima sera di Rosaria! Dobbiamo proprio parlare di Sgarbi?»
In effetti.
Siamo tutti lì di fronte alla Barcaccia, al centro di Piazza di Spagna che non sarà più la stessa, a fare stime psico-economiche dei danni subiti. Partecipano a questa accesa discussione, oltre a Rosaria del Sud, la coinquilina del Centro, quella del Nord, Lambo, e un altro paio di soggetti niente male, tali Sballi e Palmirone. Ognuno con i propri vestiti e col proprio modo di ragionare stiamo accompagnando in stile processione la Coinquilina del Sud nella sua ultima scampagnata urbana.
Ebbene sì: la Coinquilina del Sud, pilastro di questa stessa rubrica, se ne va.
Dopo una pagina e mezza che sto dicendo la stessa cosa mi pare superfluo esporre come il Sistema Capitale sia entrato dentro questa ragazza, influenzandone la personalità. Piuttosto: possiamo affermare allo stesso modo che Roma sia stata cambiata per sempre da questa moretta della Sicilia verace, alle volte silenziosa ed elegante, alle volte un po’ buzzurrotta?
A sentire Dirac, parrebbe di sì.
Procediamo per la nostra passeggiata sotto i lampioni del Centro tra chiacchiere e risate e, passando per via della Stamperia, sbuchiamo davanti alla Fontana di Trevi. Tappa d’obbligo.
La leggenda narra che se si butta una moneta nella fontana (senza guardarla) si esprimerà il desiderio di tornare a Roma. Saranno le dieci e mezza di sera e la calca dei turisti internazionali è concentrata sulla Movida di Trastevere o di Campo de’ Fiori. Lo spiazzo è semideserto, avvolto da un silenzio ovattato e surreale. Sembra di essere dentro una basilica a cielo aperto. Attorno a noi qualche coppietta, un fotografo si diverte a imprimere l’acqua modificando la velocità dell’otturatore, un vecchio col cappello sta mangiando un gelato seduto a un gradino, e un cingalese che vende gadget, colorato e silenzioso cerimoniere della zona, passeggia avanti e indietro immerso nei suoi problemi, a risolvere chissà cosa. Ecco che, in mezzo a tutto questo silenzio, senza attirare l’attenzione di nessuno, Rosaria va a bordo fontana, si volta, appoggia le gambe al bordo dell’acqua. Fa un bel sospiro, trattiene il fiato, chiude gli occhi e lancia una moneta dietro di sé.
Anche questa è fatta.
E mentre che il soldo bacia il fontanone, va dal cingalese che vende le aste dei selfie e, forte del vino e del consistente bagaglio di romanità maturato nell’ultimo anno, lo distoglie dai suoi pensieri bussandogli con l’indice smaltato rosso sulla spalla. Indica la fontana col mento e fa:
«Ah zi’! Mo vattel’a riccoje!»
Poi, ci spostiamo. Andiamo alla fermata del bus N76 di fronte al Quirinale, direzione Roma Nord. Ormai non parliamo quasi più. Siamo all’addio. Tutto è già stato detto, tutto è già stato fatto. Il bus passa e ci raccoglie.
Mentre siamo in viaggio, in piedi davanti le porte centrali della vettura notturna che ci porta a Monte Mario, non riesco a fare a meno di pensare a Vittorio Sgarbi, in mezzo a una sala gremita di giornalisti, che porta l’assegno al sindaco Marino con su scritto Riparazione Barcaccia: 2000 e, passandolo in mano al Primo Cittadino, arringa: «Visto? PAGATO! PAGATO! PAGATO! PAGATO! PAGATO! CAPRA! CAPRA! PAGATO! PAGATO!»
Scoppio a ridere da solo come un coglione e tutto l’N76 si volta a guardarmi tra lo sbigottito e il divertito.
Arriviamo a destinazione.
La meta designata per il Gran Finale è il balcone dello Zodiaco, zona meno turistica, ma non per questo meno affascinante della più gettonata Città del Vaticano o della Basilica di Santa Maria Maggiore. Lo Zodiaco è uno spiazzo naturale che dà su un dirupo e si affaccia su tutta la Città di Roma. Giunti alle barriere di marmo ci accorgiamo che ci sono due ragazzine sui sedici anni a fumare una sigaretta: una di loro si lascia scivolare qualcosa dalle mani come una catapulta e una piccola luce azzurrina sorvola il balconcino di ferro tipo stella cometa che vola raso terra.
Urla di spavento: «NUUUOOOOOOOO! Il telefono mio! E mo, che faccio!?»
E Rosaria: «Vattel’a riccoje, zi!».
Ed eccoci lì.
Questo è quanto.
Sei ragazzi, ognuno coi propri vestiti e col proprio modo di ragionare che, di spalle, dividono l’orizzonte al centro di una grande fotografia con le luci di Roma sotto di loro e le stelle sopra. Un ultimo omaggio a un’amica che li ha cambiati per sempre ed è stata per sempre cambiata da loro. Una separazione che sta per avere luogo ma che per Dirac non avverrà mai.
La coinquilina del Nord tira fuori dallo zaino una lanterna cinese, la accende, aspetta che si gonfi d’aria e la passa alla coinquilina del Sud che, come se stesse lanciando una monetina al cielo, la lascia andare.
Un altro barlume di luce che passa sotto il cielo di Roma e se ne va.
PS: Il gruppo operativo di Dentro la Capoccia ringrazia Giusi Giardina, la ragazza più social della Sicilia, per lo splendido lavoro di editing svolto per questa rubrica nell’ultimo anno e coglie l’occasione per porgerle i migliori auguri per l’esperienza al Teatro di Palermo prima, e per la sua carriera poi.
Chiunque volesse unirsi ai nostri auguri si senta libero di condividere quest’articolo.