Cronache dal Lido #6
La Mostra del Cinema di Venezia, giorno per giorno, raccontata dai nostri inviati
Una famiglia – Sebastiano Riso
Ha l’effetto di un proiettile in testa scoprire, a fine visione, come il tema della compravendita di neonati – attuale in scala mondiale – non sia la sostanza dell’opera ma solo un pretesto per esprimere il problema (di certo sempre importante) dell’adozione e del diritto alla famiglia in Italia.
La brutta sensazione è che gli sceneggiatori abbiano fatto una ricerca superficiale e disinteressata per la costruzione delle vicende riguardanti i protagonisti – una coppia di emigrati che partorisce bambini per poi venderli –, trovandosi invece a loro agio con altri personaggi presenti nelle varie sotto-storie (come i due attori omosessuali in attesa d’acquistare il figlio). Ma «scrivi di quello che sai» non è forse una regola presente anche nel più economico dei manuali di scrittura?
Inoltre, a causa di una regia accademica e leziosa di Sebastiano Riso, Una famiglia – tra i 4 film italiani in concorso – è come se fosse una fredda gabbia d’acciaio in cui l’unico animale a non aver paura di sanguinare è la fragile Maria, interpretata da una sempre impeccabile Micaela Ramazzoti. Insieme Mater Dolorosa e Mater Morbi, la giovane è segnata come una cicatrice e spezzata nella mente dalla consapevolezza di non poter mai avere un figlio d’amare e prendersi cura.
Three Billboards Outside Ebbing, Missouri – Martin McDonagh
L’altra faccia dell’America: variazioni sul tema. Se George Clooney ha descritto la periferia americana con il suo Suburbicon, Martin McDonagh si concentra invece su una cittadina del Midwest: Ebbing nel Missouri. Dopo l’interessante film d’esordio In Bruges e il meno riuscito ma divertente 7 psicopatici, il regista inglese prende il meglio dei suoi precedenti lavori, lo mescola e crea Three Billboards Outside Ebbing, Missouri: la profondità dei personaggi e lo stile cupo neo-noir dal primo, il pulp ironico dal secondo. Un mix da fuochi artificiali, eccessivo, scorrettissimo e dai dialoghi tanto brutali quanto brillanti. «La rabbia genera rabbia»: infatti, in questo microcosmo violento si muovono personaggi arrabbiati e vendicativi, si scatena una vera e propria guerra fra una madre a cui hanno ucciso la figlia e la polizia che, dopo sette mesi dall’omicidio, non ha ancora trovato il colpevole. Da una parte c’è Mildred (una straordinaria Frances McDormand) che si muove per la città come un cowboy dagli occhi di ghiaccio, pronta a farsi giustizia da sola, dall’altra il capo della polizia (Woody Harrelson) e il poliziotto squilibrato Dixon (Sam Rockwell). Tutti e tre hanno però molto più in comune di quello che sembra. È proprio questo continuo confondere giusto e sbagliato che rende Three Billboards Outside Ebbing, Missouri un neo-western pulp: chi sono i cowboy e chi gli indiani? Da che parte sta la giustizia?
Ex Libris – The New York Public Library – Frederick Wiseman
Nel corso degli ultimi anni più volte Frederick Wiseman, ritenuto da molti osservatori il più grande documentarista vivente, ha presentato a Venezia titoli della sua instancabile produzione. Nel 2011 aveva sorpreso il pubblico proponendo una sguardo dietro le quinte del Crazy Horse, storico locale notturno parigino. Nel 2013, con At Berkeley, ci ha raccontato la vita di una delle più prestigiose e antiche università americane.
Presentato in concorso all’interno della selezione ufficiale, quindi in corsa per i premi maggiori assegnati dalla giuria, l’opera che Wiseman presenta quest’anno alla Mostra è un viaggio dentro la New York Public Library. La Library filmata da Wiseman, con il suo usuale approccio oggettivo e immersivo, è un organismo pulsante e ramificato, grazie alle sue numerose succursali attive anche nei quartieri più periferici di New York. Molto oltre il concetto di biblioteca a cui siamo abituati a pensare, la NYPL rappresenta all’interno del complesso tessuto sociale della Grande Mela un laboratorio aperto di alfabetizzazione e inclusione, attento alle esigenze di ogni minoranza.
Fedele alla sua impronta originaria, la NYPL rappresenta quindi un presidio di civiltà tanto più prezioso se collocato nel quadro dell’attuale scenario socio-politico americano. Wiseman sembra volercelo ricordare, regalandoci l’opportunità di osservare in profondità una comunità “miracolosa”, di uguali e diversi, ancora possibile.
Los versos del olvido – Alireza Khatami
Le giornate di un anziano signore dalla memoria infallibile trascorrono sempre uguali all’interno dell’obitorio dove lavora come custode. Siamo nei pressi di Santiago del Cile e quando scoppia una rivolta in una città vicina, degli uomini armati irrompono nell’obitorio con lo scopo di nascondere i cadaveri di alcuni civili. Il custode si ritrova così dapprima a difendere dall’oblio il corpo di una giovane ragazza, e poi a fare di tutto per darle una degna sepoltura.
Partendo da una dichiarazione d’intenti più che notevole, cioè raccontare la dimensione personale delle vicende legate a desaparecidos e abusi di potere da parte dello stato sovrano, il regista iraniano Alireza Khatami trasforma la sua opera prima in una storia di memoria perduta e memoria ritrovata molto intima e onirica, che però manca di una vera e propria spina dorsale. Cadendo in un’analogia formale decisamente troppo facile, blocca la macchina da presa per la quasi totalità del film, quasi a mimare l’immobilità del suo protagonista. Le qualità estetiche di immagini e suoni sono molto più che apprezzabili, ma creano di fatto una contraddizione: perché curare così precisamente ogni cosa, tranne il filo del racconto?
Los versos del olvidio, con le sue immagini mozzafiato, riesce a fendere l’immaginario con prepotenza, ma alla fine del film fa avvertire un leggero senso di incompiutezza. È il retrogusto amaro dell’occasione sprecata.