Cronache dal Lido #1 Venezia 79
White Noise (Concorso)
Dopo Storia di un matrimonio presentato in concorso a Venezia nel 2019, Noah Baumbach torna al Lido con White Noise, film di apertura della Mostra. Trasposizione dell’omonimo romanzo del 1985 di Don DeLillo, la pellicola ha per protagonista Jack Gladney (Adam Driver), professore universitario di studi hitleriani, e la sua famiglia: la moglie Babette (Greta Gerwig) e quattro figli, tre dei quali nati da matrimoni precedenti.
Attraverso il testo di DeLillo, Baumbach torna quindi ad affrontare il tema della famiglia, definita nelle conversazioni di Gladney con il collega Murray (Don Cheadle) “la culla della disinformazione mondiale”. I figli contestano tutto ciò che li circonda, mentre Babette sta prendendo una strana pillola che dovrebbe combattere la paura della morte.
La dissoluzione parossistica dell’american dream in una società del consumo che Jean Baudrillard, pochi anni prima di DeLillo, definì “iperrealtà”, è messa in scena dal regista newyorchese con inquadrature caratterizzate da un’eleganza compositiva perfetta, e con un montaggio di sequenze alternate efficacissimo. Un film visivamente potente, che tuttavia non riesce a coinvolgere. Se la firma di Baumbach regista è evidente, non lo è altrettanto quella di Baumbach autore. Detto in altri termini, White Noise corre il rischio di essere un’eccellente e muscolare prova di regia, che non riesce tuttavia a parlare alle nostre anime e al nostro tempo. Nella mirabile aderenza al testo (l’adattamento era ritenuto difficilissimo da realizzare), White Noise stenta ad acquisire una vita propria e a colpire per dinamiche e significati che possano trascendere la materia letteraria. (Giulia Angonese)
Bones and All (Concorso)
Il tema dell’amore cannibale non è certo nuovo nell’immaginario cinematografico. Più volte il cinema ha rappresentato il segno del possesso e della condivisione totale, di anima e corpo, tra innamorati, ricorrendo alla chiave dell’antropofagia, passando per capolavori come il magnifico Cannibal Love di Claire Denis. Romantico road-movie con forti venature horror, il nuovo film di Luca Guadagnino, in concorso a Venezia79, si colloca all’interno di questo filone, che si appropria di canoni e soggetti tipici dell’horror per sviluppare riflessioni più ampie sulle dinamiche di omologazione e accettazione della propria identità. Tratto dal romanzo omonimo di Camille DeAngelis, Bones and All è uno dei film che accenderà il dibattito veneziano, soprattutto per la crudezza di alcune sue scene. Guadagnino offre tuttavia ancora una volta una ottima e solida prova registica, attenta a dosare con attenzione anche le sequenze di maggiore impatto, mentre qualcosa sembra mancare nella sceneggiatura, piuttosto esile nella sua struttura e nella caratterizzazione di alcuni personaggi. Ottime le performance di tutto il cast, con una splendida Taylor Russell nel ruolo di protagonista e un sempre eccellente Mark Rylance sugli scudi. (Stefano Lorusso)
Bardo, falsa crónica de unas cuantas verdades (Concorso)
A distanza di sette anni da Revenant (2015), ultimo suo lungometraggio, Alejandro González Iñárritu porta in concorso Bardo, falsa crónica de unas cuantas verdades, un film nel quale il regista messicano ha cercato “la verità dell’emozione”. E in effetti Bardo è un viaggio emotivo con al centro la vita del protagonista Silverio (Daniel Giménez Cacho), giornalista documentarista di successo, che si divide tra il Messico e gli Stati uniti, patria acquisita. In piena crisi identitaria, Silverio vuole capire quanto il successo lo abbia cambiato e allontanato dalle cronache della sua città e dalla Storia del suo Messico.
Iñárritu realizza un film personale e intimo, con un personaggio chiaramente ispirato a se stesso. La regia è notevole: in Bardo il regista si è tolto ogni possibile scrupolo, tra continui tocchi surreali e malinconici, non riuscendo però talvolta a evitare eccessi che possono rendere il film a tratti indigesto. In fondo però questo è anche il difetto del protagonista, aver dimenticato l’origine, la semplicità per seguire la potenza fantasmatica di altri miraggi: in questo senso Iñárritu ha messo in scena veramente se stesso in tutto e per tutto. (Giulia Angonese)
Master Gardener (Fuori Concorso)
Classe 1946, Paul Schrader torna a Venezia, nell’anno in cui gli viene tributato un meritatissimo Leone d’Oro alla Carriera, con Master Gardner, nuova e intensa parabola di redenzione partorita da una delle menti più acute che abbiano attraversato il cinema americano negli ultimi 50 anni. Il film, presentato fuori concorso, prende spunto da quella che Schrader ha definito la metafora più antica del mondo, il giardino, per tratteggiare il profilo di un uomo in cerca di redenzione (Joel Edgerton) quando una donna (Sigourney Weaver) gli chiede di prendersi cura della sua tenuta. Il ritorno di molte tematiche care al regista, come la colpa, la redenzione, le istanze sociali ed ecologiste si sposa per la prima volta con toni più pacificati, in cui si può leggere una prospettiva di rinnovata gratitudine e fiducia nel futuro, espressa dal regista dopo aver attraversato momenti di grosse difficoltà personali legate alla salute. Il giardinaggio come palingenesi che distrugge per ricostruire, e che mette ordine dentro una tassonomia di specie e colori diversi, segna uno dei film più densi e toccanti visti in questi primi giorni di Mostra. (Stefano Lorusso)