Controllori e controllati: l’umanità ferma degli Omini
Terzo e ultimo capitolo del Progetto T tra le vite che discorrono lungo la Porrettana
Si può vivere in mezzo al niente o se ne può solo morire? Una domanda che magari faremmo fatica anche solo a mettere a fuoco nella vita di tutti i giorni ma che diventa il dubbio cruciale ne Il controllore de Gli Omini andato in scena al Bolognini di Pistoia. La compagnia toscana infatti lungo quel niente prova a starci, a barcamenarcisi, a sprofondarci, insomma a viverlo realmente. Almeno per un’ora. Almeno a teatro.
In questo terzo spettacolo a conclusione del Progetto T – progetto triennale prodotto dall’Associazione Teatrale Pistoiese sulla linea storica della ferrovia Porrettana che collega Pistoia a Bologna e che, per quest’ultima tappa, ha visto anche la coproduzione dell’ERT e il debutto a VIE festival – i tre controllori Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi e Luca Zacchini che vestiranno anche i panni dei tanti e vari passeggeri della tratta ferrata sono costretti a fermare il treno a causa di un sacchetto della spazzatura. Banale? Affatto.
Nella drammaturgia di Giulia Zacchini tutto inizia da qui: una fermata in mezzo al nulla a causa di nulla, di ciò che è scarto, di quel che è da buttare e che invece diventa un ingombro capace di fermare un vagone (una comunità?), delle persone (dei cittadini?), un sistema (un Paese?) mentre chi deve controllare (le autorità?) non può muovere un dito. Siamo ad un binario morto su cui, citando a braccio, ci si chiede:
Dobbiamo aspettare
Chi?
Chi se ne occupa
Chi se ne deve occupare?
Chi di dovere
In questa toponomastica in grado di assumere i contorni di una realtà sociale e collettiva – la nostra – l’ingombro farà emergere il guaio in cui siamo finiti: che cosa assume senso se le relazioni che ci legano si spezzano ad ogni livello facendoci arrampicare come un gatto sugli specchi? Che significato ha il potere se eroso dal suo stesso esercizio?
Ma non immaginiamoci un trattato, perché il linguaggio degli Omini viaggia su altri binari. Infatti sebbene questa volta prendano una piega diversa, l’ironia, l’autoironia, il sarcasmo, il cinismo di questi quattro toscanacci continuano a farla da padroni. E forse è proprio per questo che neanche ci accorgiamo di quel che accade in questa ora a teatro.
Una lunga parete componibile che ricalca quella di un vagone è il principale oggetto scenico: taglia tutto il palco dividendolo in un di qua e un di là perfettamente indistinguibili e da cui saliranno e scenderanno tante persone e tante storie. Sono le vite che Gli Omini hanno estratto, distillato, concentrato seguendo il loro modo di intendere il teatro, ovvero raccogliendo interviste che poi, una volta spento il registratore e sbobinato i nastri, tornano a parlare sul palco. È così che la realtà – da cui siamo bruciati ogni giorno tanto da ridurci in polvere prima del tempo – può tornare a diventare reale facendo vibrare un teatro che a quel punto, quando accade, sembra non esserci nemmen più.
Non sembra teatro la signora con l’impermeabile blu le cui risposte col contagocce sono le sole che la vita le sta lasciando; non sembra teatro una canzone d’amore nella bocca e tra le dita di chi amore non crede di poter chiedere; non sembra teatro una rissa di parole che fa eco alla stupidità. In questo modo Gli Omini tentanto, provano e riprovano a svelare una grande umanità sola—e quando ci riescono noi ci scopriamo sempre più stretti nelle poltroncine in platea.
È da qui che il palco sembra sempre più un deserto di poveri cristi e di schifo, dove tre controllori si muovono come anime vaganti. Se l’uniforme d’ordinanza ha perso il suo fascino le autorità pesano meno di uno spillo. Del resto, il potere cosa può se nessuno lo vede, lo ri-conosce? Su questo treno di anime tutti, controllori e controllati, sembrano destinati a scontrarsi, parlarsi, strapalarsi contro, sfidarsi, schivarsi, confessarsi, lungo un purgatorio cui nemmeno la Chiesa crede più e dove tutto è sdoganabile.
Di fatto sarà allora l’assenza a pesare come un macigno su questo vagone – in questo Paese, per queste persone, per i cittadini che siamo, nelle nostre comunità – di figli mancati e mancanti, di desiderî e speranze vane, di legami sempre e solo da ricucire, di rabbia e ansie diventate il nostro pane quotidiano.
Così gli anni e i chilometri passano anche su questa ferrovia: dal concept e dal design pionieristici all’epoca dell’inaugurazione (1864), ora sembra la diligenza di Ombre rosse in un Far West dalla legge del più forte. E il più forte non è John Wayne. Anzi, John Wayne proprio non si vede. Del resto il Progetto T proprio dalla frontiera era partito con Ci scusiamo per il disagio e Gli Omini fermi al Deposito dei Rotabili Storici di Pistoia alle prese con una delle famose colonne sonore di Ennio Morricone.
Da allora sono passati tre anni e qualcosa è cambiato. E chissà se il la a questo cambiamento non l’abbia dato proprio il secondo spettacolo ovvero La Corsa Speciale in versione notturna con fermata al Castagno sull’Appennino ToscoEmiliano. Chissà se quei problemi tecnici che ci parve di intuire allora non hanno dato lo spunto per Il Controllore oggi, ovvero cercare di combinare le esigenze dello spettacolo con quelle organizzative del corpo ferroviario. Quanti uomini occorrevano? Su quali orari? Con quanto scambio doveva avvenire il ritorno dal Castagno con l’andata da Pistoia?
Forse stiamo prendendo un abbaglio, ma è lo stesso metodo di indagine de Gli Omini a poterci far supporre che anche quel «disagio» riscontrato nella realtà possa aver generato una soluzione diversa rispetto all’idea originale con cui si doveva concludere il Progetto T: un vagone teatro che arrivasse fino a Bologna—e che non c’è stato.
Anche una deviazione – forse immaginata solo da noi – allora è servita a Gli Omini per svelarci un sorriso che si scopre incrinato. Incrinato davanti a una umanità calata dentro una domanda piuttosto che al riparo di formule (meta)teatrali consolatorie, in bilico nell’incertezza della normalità piuttosto che al sicuro di risposte che funzionano. Un sorriso capace allora di piegare la realtà e farci restare nel dubbio. Almeno dopo quest’ora. Almeno fuori dal teatro.
Possiamo vivere in mezzo al niente o possiamo solo morirne?
Ascolto consigliato
Letture consigliate
• Sul treno con gli Omini a Vie Festival, di Massimo Marino (BOblog_CorSera)
• Fenomenologia umana e ferroviaria: Il controllore de Gli omini al VieFestival, di Elena Scolari (PAC)
Piccolo Teatro Mauro Bolognini, Pistoia – 12 novembre 2017
IL CONTROLLORE
ideazione Gli Omini
con Francosco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Luca Zacchini
dramaturg Giulia Zacchini
luci Alessandro Ricci
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione | Associazione Teatrale Pistoiese Centro di Produzione Teatrale