Condividere la solitudine nel gelo dello Yukon
BiTquartett porta in scena Yukon Style di Sarah Berthiaume al Teatro Studio Uno
Esistono luoghi in cui il paesaggio non fa da semplice sfondo, ma in cui le dinamiche dello spazio esterno e interno si interscambiano e dialogano fra loro arrivando a far parte di un unico ecosistema: il Canada è uno di questi. Da Margaret Atwood a Alice Munro, se pensiamo alla letteratura canadese, costante è il riferimento al paesaggio e a come questo influenzi il carattere dei personaggi, come s’imprima nel loro corpo, nella loro visione del mondo e nella concezione della vita e della morte.
Ed è quello che succede anche in Yukon Style dell’attrice e drammaturga canadese Sarah Berthiaume, il cui testo è per la prima volta portato in scena in Italia dalla compagnia BiTquartett. Proprio come da titolo, lo «Yukon» non è solo il luogo dove si svolge la vicenda ma un vero e proprio stile di vita: nello Yukon, regione nord-occidentale del Canada, i piccoli problemi quotidiani dell’uomo sembrano svanire di fronte a quei territori sterminati al confine con l’Alaska e a quell’inverno a -45 gradi «al confine fra il gelo e la morte».

Foto di scena ©Valeria Luongo
Siamo così nell’inverno gelido di Whitehorse, capitale dello Yukon: il Teatro Studio Uno per l’occasione si trasforma in quel territorio già protagonista dei racconti di Jack London. Sono lontani però i tempi dei cercatori d’oro: se in Fare un fuoco, per esempio, l’uomo sfidava la natura nel presuntuoso tentativo di superare i propri limiti, in Yukon Style Berthiaume ripropone il mito del «grande Nord» in chiave contemporanea poiché qui i personaggi cercano semplicemente di non soccombere a sé stessi in una realtà fatta spesso di emarginazione, violenza, solitudine e incomunicabilità.
Sono tante le questioni che Berthiaume lascia intrecciare in Yukon style attraverso la storia di quattro personaggi, ciascuno con un dolore da nascondere, che vivono in una condizione di dipendenza reciproca andando a formare così un ecosistema “umano” fragile e pericolante.

Foto di scena ©Valeria Luongo
Kate (Benedetta Rustici), la ragazzina vestita come una bambola giapponese, è la più misteriosa: non sappiamo da cosa scappi e perché percorra il Canada «coast to coast», ma sarà lei che come un tempesta di neve verrà ad alterare l’equilibrio già precario della vita di Yuko (Marianna Arbia), cuoca giapponese dal passato irrisolto, il coinquilino Garin (Lorenzo Terenzi), lavapiatti meticcio dalle origini oscure e Dad’s (Marco Canuto), suo padre, stretto in una morsa di sensi di colpa e alcolismo.

Foto di scena ©Valeria Luongo
Così, snodati lungo una colonna sonora che rappresenta un modo per sopravvivere alle lunghe giornate dell’inverno, i capitoli scritti su un lavagna sul fondo scorrono agili fra rivelazioni, prese di coscienza, lutti dimenticati e desiderî latenti, senza bisogno di particolari effetti o scenografie ma solo attraverso la parola, a cui la regia pulita ed equilibrata di Gabriele Paupini dà il primo piano – forse non concedendosi appieno soluzioni registiche più audaci per una drammaturgia che si muove fra reale e onirico, fra linearità narrativa e fratture temporali, fra denuncia sociale ed esoterismo (rappresentato dal corvo, simbolo ricorrente nello spettacolo e caro alla mitologia degli Indiani d’America) – e un incisivo linguaggio del corpo del gruppo di attori che, grazie a uno studio approfondito, riesce a ricreare la temperatura emotiva dei personaggi calibrando sensibilmente i toni più ironici e quelli più drammatici.

Foto di scena ©Valeria Luongo
Soltanto accettando di aver bisogno l’uno dell’altro e con la volontà di sgretolare il proprio muro d’incomunicabilità, i quattro personaggi accetteranno finalmente sé stessi, non nascondendo più la propria solitudine ma imparando a condividerla.
Così, il bisogno di condivisione e di sostegno reciproco si confermano valori universali, che riescono a travalicare i riferimenti specifici alla realtà socio-culturale canadese di Yukon Style per arrivare fino in Italia grazie al lavoro di BiTquartett, cui va il merito di aver tradotto e portato in scena con serietà e convinzione una drammaturgia inedita solo in apparenza distante.
Ascolto consigliato
Teatro Studio Uno, Roma – 23 febbraio 2018
YUKONSTYLE
di Sarah Berthiaume
traduzione e regia Gabriele Paupini
con Marianna Arbia, Marco Canuto, Benedetta Rustici, Lorenzo Terenzi
aiuto regia e luci Francesca Zerilli
costumi Benedetta Rustici
co-produzione BiTquartett/Teatro Studio Uno