Color Out of Space
La trasposizione dell’opera di Lovercraft si avvicina all’immaginario di alcuni classici dell’Horror/Sci-Fi anni ‘ 80 senza raggiungere le vette delle opere da cui deriva, preferendo il colpo in pancia e il facile perturbante ad una trama coerente o ad una profondità di concetti.
Gli incubi cosmici di Lovecraft non hanno ancora avuto degli adattamenti di alta qualità, ma sono numerosi gli autori che si sono ispirati a dalle sue terribili visioni, dal Roger Corman de La Città dei Morti, al John Carpenter de Il Seme della follia, per finire con Alex Garland in Annihilation. Color Out of Space è tratto fedelmente dall’omonimo racconto del 1927 dello scrittore di Providence, ed è diretto dal redivivo Richard Stanley, divenuto quasi una meteora dopo il cult Hardware. Il regista si dimostra un narratore eccentrico ma disciplinato il cui fascino per la disintegrazione è accompagnato al senso dell’assurdo, ma che non riesce a catturare del tutto la prosa di Lovercraft, scegliendo la soluzione del body horror che minimizza la fora atavica del racconto originale.
La famiglia Gardner ha deciso di vivere nei boschi del Massachusetts, allontanandosi dai rumori e dal grigiore della città. Il padre Nathan (Nicolas Cage) se la deve vedere con l’allevamento di una mandria di Alpaca, il suo nuovo lavoro dopo un fallimento professionale, mentre la madre Theresa (Joely Richardson) prova a convivere con la scoperta di un tumore. I due figli sono colpiti da questa instabilità familiare tanto che il giovane Jack (Julian Hilliard) è affetto da mutismo e l’adolescente Lavinia (Madeleine Knight) cerca una via di fuga con l’occulto e la stregoneria. I problemi da classifica famiglia medio borghese americana diventano insignificanti quando una meteora si schianta nel cortile di casa. Tale evento si rivela un veicolo per un’entità aliena astratta – il “colore” del titolo – che ha il potere di provocare mutazioni e deformare la realtà stessa.
Il regista è bravo a creare un crescente senso di terrore, con i comportamenti inquietanti dei personaggi che lentamente esplodono in mostruosità grafiche (arti recisi, animali mutilati, deformazioni delle ustioni). Tuttavia, la scelta di dare alla pellicola un tono lisergico e demenziale non sempre riesce a coesistere con l’orrore della storia. D’altro canto, la messa in scena è piena di fantasiosi angoli di ripresa, brillanti e creativi effetti visivi e di un uso intelligente del sound design. Inoltre, la gestione dei colori, appunto, è pirotecnica e affascinante: inizialmente sono i blu notturni e i verdi rilassanti della foresta a dominare, ma questi vengono superati all’entrata della forza aliena, che viene visualizzata con un viola, misterioso e violento.
Color Out of Space è il film giusto, in un giorno di ozio e noia, per aprire una finestra su un mondo di fenomenale ricchezza scenica, pittorica, visuale. È una visione sì leggera, ma efficace nel sollevare lo spettatore dalla sua poltrona o divano o perfino letto e trasportarlo in mondi di forze oscure, universi impazziti e profondità infinite. Si ama e si odia.