L’affanno dell’amore
Cock di Bartlett/Peroni supera la retorica del genere
Chi è «la persona giusta»? Forse una reminiscenza romantica di origine platonica, forse una diabolica invenzione dei mass media per mettere a disagio chi ancora non l’ha trovata; fatto sta che a volte sembra che tutta la vita consista in una ricerca affannosa della cosiddetta «anima gemella». Ma esiste davvero? O forse è un concetto valido solo per qualche serie tv americana? La questione, certamente, è molto complessa, sta di fatto però che per ognuno esistono persone più giuste di altre. John, il protagonista di Cock di Mike Bartlett, per esempio, ne ha addirittura due contemporaneamente e non sa chi fra le due scegliere.
Al Teatro dell’Orologio un tappeto bianco – unica scenografia – circoscrive il ring ideale di una tormentata lotta interiore verso una decisione che potrebbe cambiare per sempre il corso di una vita. Ecco che una serie di scene dal ritmo incalzante, suddivise proprio come se fossero diversi round, comincia a scandire così tensioni e conflitti delle due relazioni che John si ritrova a dover affrontare: da un lato il compagno di vecchia data (Jacopo Venturiero) dalla forte personalità—la sicurezza; dall’altro, la donna (Sara Putignano) sensibile ed emotiva di cui si innamora inaspettatamente, vacillando nella convinzione di essere omosessuale—l’ignoto. Al centro del ring John (Fabrizio Falco), eterno insicuro e vulnerabile, attirato ora da una parte ora dall’altra, paradossalmente l’unico a essere nominato e l’unico a non sapere chi è. Come se fosse l’arbitro imparziale che osserva i due “lottatori” battersi per lui – inconsciamente prega di essere lasciato –, rinvia il colpo di grazia in modo da tenere aperte tutte le possibilità.
È proprio l’impossibilità di agire il fulcro dell’intero spettacolo, che, per John, è direttamente proporzionale a una mancata conoscenza di sé: la scelta di una persona, infatti, non è altro che il riflesso di ciò che vogliamo essere. Al dilemma se essere o no omosessuale se ne sovrappone, quindi, un altro, più capitale e in grado di avvolgere il primo: quello dell’identità tout court. Così, nel “match” finale di una cena-confronto tra tutti e tre – cui si aggiungerà a sorpresa anche il padre del compagno (Enrico Di Troia) – John capirà che, prima di scegliere la persona giusta, dovrà essere lui per primo la persona giusta per sé stesso.
Con movimenti ridotti all’essenziale, nella regia pulita e limpida di Silvio Peroni è la parola – debordante, irriverente, ironica (traduzione Noemi Abe) – che si fa carico da sola di sorreggere tutto l’impianto drammaturgico, e ci riesce in modo più che efficace grazie all’interpretazione omogenea e affiatata del quartetto di attori, che riesce a dare spessore e sfumata intensità a ciascun personaggio.
Cock è uno spaccato di vita contemporanea arguto e affilato – a tratti tuttavia un po’ didascalico – che ricorda quanto nominare non voglia dire necessariamente definire. «Gay» e «etero» infatti non sono più categorie fisse e immutabili ma piuttosto oscillazioni lungo il continuum felicemente confuso della complessità della vita. Una lezione essenziale che però, di questi tempi, vale sempre la pena ribadire.
Ascolto consigliato
Teatro dell’Orologio, Roma – 27 gennaio 2016