Clandestini morgantiani tra le lucciole
Rebis e Patalò “Fuor di Teatro” a Monte San Vito
Si incontreranno all’interno di qualcosa che è stato preparato dagli uni per gli altri, gli sconosciuti, e questo giorno santo diventerà possibile, ripeto: non un confronto, ma un giorno santo. Là si annullerà il teatro, si annullerà la vergogna e la paura, il bisogno di nascondersi e anche di interpretare costantemente un ruolo che non siamo noi.
Queste parole di Jerzy Grotowski del 1972, che troviamo sul retro del volantino di Fuor di Teatro, non sono solamente una dichiarazione d’intenti ma vengono a costituire piuttosto una eco che risuona tra gli alberi e le lucciole di Monte San Vito, Marche, una ventina di chilometri da Ancona.
A dare luogo, a farsi luogo, sono Isadora Angelini e Luca Serrani, in arte Patalò, che senza alcuna esuberanza riottosa, anzi, con tatto e discrezione, mese dopo mese, pervicacemente, hanno dato vita a una «rassegna clandestina per amanti delle arti performative». Un’azione piccola, sí, piccolissima, di cui i grandi numeri neanche sentiranno un lontano riverbero, ma proprio per questo ancora più preziosa, ancora più necessaria. Perché non si tratta di risollevare le sorti di un sistema teatrale mercificato e mercenario, si tratta di ritrovarsi, spontaneamente, senza clamori, senza straordinarietà, a condividere un rito, che sia di tutti—che è per tutti.
Eredi attivi del sempre più marginalizzato Claudio Morganti (magicamente scomparso dalla passata stagione del Metastasio per leggerezza e inadempienza direttive, assai gravi – e che ritroviamo invece qui, in residenza), di quel Libero Gruppo di Studio d’Arti Sceniche che ha avuto la lungimiranza di imbastire una cosiddetta «legacy», una continuità teatrale (e che si riunisce annualmente); Angelini e Serrani accolgono e raccolgono il nutrito pubblico di avventori attorno a un piccolo palco montato in casa, li ristorano tra una brocca di bianco e un tagliere di ciauscolo, per poi proseguire nel fitto del bosco, sotto le stelle.
E sono storie piccole per spettatori piccoli e grandi quelle che hanno popolato La Scuderia di Monte San Vito domenica scorsa. Piccole come una filastrocca di Toti Scialoja, vibrata sulle buffe smorfie di Meri Bracalente. Piccole come sono nate, per caso, per piccole nipoti, per gioco, per il senso del non-senso, che non spiega ma conduce, in direzione inaspettata, là, dove la parola scivola via dalla ragione e schiude combinazioni improbabili. Rebis giocano con piccoli oggetti, minimi, perché il teatro non è altrove, è già qui, basta farlo accadere. Non farlo. Accadere.
Sembra quasi una dolce provocazione il titolo di questa breve filastrocca scenica: Cosa vien dopo? Suscita la curiosità per l’animale che i versi di Scialoja coloreranno di irresistibile improbabilità ogni volta; ma inevitabilmente Cosa vien dopo? sollecita, altresì, domande sull’avvenire: su questo scenario in cui la cultura si muove sempre più a tentoni e, al tempo stesso, su quest’ansia produttiva che sta spandendo grigiume su ogni atto creativo.
Topo topo senza scopo, dopo di te, cosa vien dopo?
Consumato il lauto «picnic» che ogni spettatore ha partecipato a comporre, veniamo accompagnati nel bosco mentre cala la sera. Ci attendono i Patalò per la piccola piccola fiaba del protagonista più piccolo che ci sia, Pollicino, narrandone gli appunti, giorno dopo giorno, tra scherzi e abbandoni, sassolini e briciole, matrigne e orchi, come ispirato dalla riscrittura di Philippe Lechermeier. Due leggii soltanto, una chitarra, qualche strumento da rumorista, e la parola diventa atmosfera, immersione, rito, tanto che la natura ci mette del suo, liberando dal fitto del bosco un piccolo coro di lucciole che paiono quasi sgorgare dal racconto e accendersi come piccole custodi di intimità alla maniera di Miyazaki.
Una poesia teneramente clandestina, clandestina suo malgrado, che torna a ricordarci quel «giorno santo» di cui parlava Grotowski. Un giorno tristemente e felicemente Fuor di Teatro. Un giorno che non ritornerà presto, lo sappiamo, ma che fuori dalla costosa fanfara dei festival ci mostra che è sempre possibile. Se solo vorremo imparare a impararne.
Ascolto consigliato
Fuor di Teatro, Monte San Vito – 18 giugno 2017
In apertura: Philippe Lechermeier Journal secret du Petit Poucet ©Gautier Languereau 2009. Illustrazione ©Rebecca Dautremer