In concorso nella sezione Gala del IX Festival Internazionale del Film di Roma, Buoni a nulla racconta la storia di chi, a pochi mesi dalla pensione attesa una vita, scopre che dovrà aspettare altri tre anni prima di appendere il lavoro al chiodo. E non solo, perché dal comodo ufficio nel centro di Roma, Gianni viene spedito in una sede periferica, dall’altra parte della Capitale. Il quasi pensionato Di Gregorio si ritrova così in un nuovo ufficio, con nuovi colleghi e un nuovo capo. Tutto questo senza dimenticare la vecchia e insopportabile vicina di casa, la rompiscatole dell’ex moglie e le pretese della figlia. Dallo sguardo e dall’animo buono e indifeso, Gianni si decide finalmente a cambiare atteggiamento: arrabbiarsi. E di brutto.
Prendendo spunto da Fantozzi, più moderno e meno demenziale, delicato ed elegante, Gianni Di Gregorio chiude la sua “trilogia della terza età”, dopo il fortunato Pranzo di Ferragosto e Gianni e le donne. Il suo straordinario volto riesce sempre a farla da padrone, e non può che suscitare simpatia ed empatia. Il regista si è qui circondato di un buon cast, per riuscire a stravolgere la vita del suo personaggio, a partire dal bravissimo Marco Marzocca, nelle vesti del collega sempre gentile e disponibile, ma pronto ad esplodere, proseguendo con Valentina Lodovini, qui nelle vesti di una formosa, inedita e solo all’apparenza arrivista collega, riuscendo anche a coinvolgere Anna Bonaiuto, nel ruolo di un’ammaliante direttrice con cagnolino a seguito.
Al terzo film da regista, il 65enne Gianni Di Gregorio conferma uno stile, fatto di garbo e semplicità, che lo rende unico nel panorama nazionale. Traspare nella leggerezza in cui dipinge personaggi che subiscono da una vita, nelle tante chicche del film come la prima cattiveria che esplode nei confronti di un vaso di fiori, colpevole di richiedere tutti i giorni un bicchiere d’acqua , nell’umorismo quasi british, silenzioso ed elegante. Umorismo che è la spina dorsale di tutta l’opera, impreziosita dalla fotografia di una Roma splendida, con tutte le sue contraddizioni, dentro e fuori il Raccordo.
In piena sintonia con lo spirito di Di Gregorio si scoprono tutti gli attori coinvolti, anche nei ruoli minori, che riescono a mantenere sempre una giusta misura, anche nelle espressioni più colorite. E in generale, Di Gregorio sembra rivendicare una figura capace di catalizzare le invadenze altrui e di correggere le derive prevaricatrici nella società. A patto di, una volta ogni tanto, sfogare tutto il represso contro il primo che passa.