Bob’s Burgers
Sdoganate negli anni ’90 dall’approdo su Fox della famiglia più gialla d’America, gli inossidabili Simpson di Matt Groening, le serie animate rivolte al pubblico adulto si sono moltiplicate con l’avvento del nuovo millennio, tentando spesso di avvicinarsi al modello di successo imposto dagli abitanti di Springfield. Molte, con l’ambizione di un’Icaro a cartoni animati, si sono scottate al confronto, altre hanno trovato la loro via, prosperando in direzioni molto diverse. Se I Griffin, all’epoca tacciati di esagerate similitudini con la serie di Homer e famiglia, hanno sterzato verso una deriva fortemente surreale che ha avuto (e sta avendo) pregi e difetti, prodotti come South Park hanno invece spinto con decisione sul pedale del provocatorio e della satira feroce, creando spesso scalpore.
L’humus creativo scatenato da queste serie che fanno ormai parte della storia dell’animazione televisiva a tutti gli effetti e la maturità che il settore sta conoscendo da molto tempo a questa parte ha ampliato sempre più l’offerta per il pubblico, mai sazio di comicità irriverente e personaggi sopra le righe. Un prodotto che si è fatto notare col tempo con personalità, crescendo di episodio in episodio, è Bob’s Burgers.
Ultima nata dell’offerta domenicale della FOX americana, ossia la celebre Animation Domination (che conta fra le sue fila I Simpson, I Griffin e American Dad), la serie nasce da un’idea di Loren Bouchard, animatore da tempo nel settore e che ha creato diversi titoli di successo per network come Comedy Central e Cartoon Network.
Quella che a prima vista sembra solo un’altra comedy su una famiglia disfunzionale, nasconde una scrittura fresca e originale che riesce a dare ad ogni puntata un’impronta diversa ed imprevedibile, spiazzando e divertendo il suo pubblico: protagonisti delle vicende sono i Belcher, titolari di un piccolo ristorante di hamburger che dà il nome alla serie.
Bob è il capofamiglia, sempre intento a risollevare gli incassi del suo negozio in maniere buffe e bizzarre, con sua moglie Linda ad assisterlo (e, spesso, a complicargli la vita). Camerieri del Bob’s Burgers sono i loro figli Tina, Gene e Louise, un modo come un altro per risparmiare sulla paga dei dipendenti: se Tina è una ragazzina sociopatica e stramboide, cinica e dalla grande intelligenza, Gene è invece una forza della natura, dalla parlantina (eccessivamente) sciolta, sempre con il suo piccolo synth fra le mani a comporre insopportabili jingles per la famiglia, mentre Louise, l’ultimogenita, ha carattere da vendere, anche se lo impiega in piani improbabili in cui coinvolge i suoi fratelli.
La forza di questo cartoon sta nella ordinarietà dei suoi personaggi: per quanto strampalati siano, non scadono mai in eccessi surreali e mantengono una plausibilità aderente al contesto in cui si trovano, per quanto assurdi possano sembrare. La serie, nella sua prima stagione, non sempre riesce a dimostrare il suo potenziale, ma dalla seconda annata in poi prende il largo, ottenendo anche due nomination agli Emmy come Miglior Serie Animata. Se infine aggiungiamo che Loren Bouchard è nato a Springfield, viene da pensare che probabilmente fosse destino che creasse un’altra esilarante famiglia animata cui affezionarsi.