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Believer – Vale & The Varlet

«Ma la Secchia fu subito serrata
ne la torre maggior dove ancor stassi,
in alto per trofeo posta e legata
con una gran catena a’ curvi sassi»

[“La secchia rapita”, Alessandro Tassoni]

C'è stato un tempo in cui la cultura, la letteratura, l'arte e la musica in Italia erano proprio divertenti. Non che i tempi fossero altrettanto “leggeri e spensierati” però, si era infatti nel Seicento più “buio” della Controriforma, eppure tutta una serie di artisti, intellettuali e “semi-pazzi” riuscirono, magari pubblicandole a Parigi, Leida o in Inghilterra, a comporre opere divertitissime e frizzanti, “da tener lo ventre tuo con tutti e due le mani”. Tra i tanti, citiamo Alessandro Tassoni autore della “presa per i fondelli definitiva” al genere epico, ovvero “La secchia rapita” poemetto pubblicato nel 1622. Il libro narra di un immaginario conflitto tra i liberi comuni di Modena e Bologna per impossessarsi di una secchia rubata dai primi ai secondi.

Bene, quella leggerezza, quella simpatia e quella spigliatezza dei toni e dei modi la si può ravvisare, quasi quattrocento anni dopo, anche in Believer, primo album del duo Vale & The Varlet, uscito per Digitalea e The Orchard. Una “valetudine al cubo” quindi per Valeria Sturba (già OoopopoiooO) e Valentina Paggio (Duodeno) che rilasciano un disco suonato ottimamente e cantato ancora meglio in cui la leggerezza di cui si discorreva prima, non significa “inconsistenza artistica” bensì si traduce in una proposta musicale che vale “il prezzo del biglietto”.

Prendiamo la terza canzone, Sunday Morning che appare come un blues congeniato alla perfezione, una specie di variante “meno cool ma più sporca” delle Ibeyi (il cui disco avevamo già recensito qui). In questo “Believer” si assiste così ad una parata di “un'orchestra che sta dentro ad una scatola”, nel quale gli strumenti vengono suonati con una facilità e un'innocenza disarmante: Valeria e Valentina sono due bambine nella stanza dei giocattoli che possono dare libero sfogo a tutta la loro fantasia, mediata da una perizia tecnica difficile da rintracciare in altre band, più o meno, “omologhe”. Alejandro ad esempio, la quarta traccia, è un tango minimale con un testo ben confezionato e che crea un'atmosfera in bilico tra la seduzione, la melancolia e lo scherzo. Con le Vale & The Varlet non è difficile, quindi, essere un convintissimo “Believer” nella potenza della musica.

Grazie


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