Arianna non ti conosco ma ti voglio conoscere. La dovreste conoscere tutti Arianna, parlo del film e parlo di lei, e parlo del regista Carlo Lavagna e parlo dell’attrice Ondina Quadri e di tutto l’universo di personaggi che orbita attorno al superamento della pubertà di questa bellissima creatura che si chiama Arianna. Il film, che è uscito ieri nelle sale italiane (poche ma ci auguriamo che aumentino), è una storia che ha le sembianze del ricordo, ha la nostalgia di una storia che ci appartiene, nonostante sia il racconto di un’esperienza molto personale e sufficientemente rara.
È una storia che ci parla di un’adolescente alla scoperta del proprio corpo e della propria identità sessuale, attraverso l’avventura di un’estate. Arianna torna con la sua famiglia nella casa dove aveva vissuto fino ai tre anni, sul Lago di Bolsena. Da allora poco è cambiato, gli amici sono cresciuti e i parenti sono invecchiati, il lago è rimasto immobile, con le sue leggende e la fitta vegetazione che cresce e brilla sotto il primo sole estivo, l’odore del muschio sulle pareti di roccia strette, il rumore dell’acqua della piscina quando ci si tuffa, i capelli bagnati su i seni appena maturi, i giochi e i primi baci. Arianna si cerca ma non si trova, e quindi ci accompagna alla scoperta di sé stessa.
La protagonista è lei, ma l’autore e regista è Carlo Lavagna che alla sua opera prima ci fa intravedere un cinema italiano che forse è quello che si presupponeva stesse prendendo vita in questo periodo di fatiche e di crisi e malumori. Invece la crisi è sempre stata territorio fertile per il cinema indipendente e l’arte in generale. Vuoi per sopravvivenza, vuoi per desiderio del bello, o perché come capitò con il Neorealismo e la Nouvelle Vague, la voglia di raccontarsi era più forte della sacra accettazione dell'altro. Ci piace questo cinema intimista e ci piace viverlo in sala, così che possa crescere selvaggiamente, moltiplicarsi e arrivare a tutti.