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Anna Magnani, l’altra divina

40 anni fa moriva Anna Magnani, l'attrice più importante della storia del cinema italiano

Fine settembre 2013, appena finita la settantesima edizione del Festival di Venezia. Il leone a Rosi, la candidatura all’Oscar per Sorrentino, e poi? Mai nessuno pensa alle radici, mai nessuno pone lo sguardo su quello che poteva essere ed è stato. Roberto Rossellini ed Anna Magnani, il punto di non ritorno di tutto (basti pensare alla nuova critica dei “Cahiers”), in un certo senso.

Il 7 marzo 1908, a Roma, nasce Anna Magnani, figlia di Marina Magnani, una sarta originaria di Fano, e di padre ignoto. Dopo la sua nascita, la madre si trasferisce ad Alessandria d’Egitto dove sposa un gentiluomo austriaco, mentre Anna viene allevata dalla nonna in Italia. Dopo la seconda liceo parte per Alessandria per far visita alla madre. Quel viaggio è per Anna molto importante poiché la rende consapevole del ruolo poco rilevante che occupa nella vita della madre. Tale evento la segna a tal punto da spingerla a dichiarare: “Ho capito che ero nata attrice. Avevo solo deciso di diventarlo nella culla, tra una lacrima di troppo e una carezza di meno. Per tutta la vita ho urlato con tutta me stessa per questa lacrima, ho implorato questa carezza”. Il prestigioso settimanale statunitense Time la definì “divina, semplicemente divina” e ebbe addirittura l’onore di essere salutata dal primo uomo nello spazio, il russo Jury Gagarin. Malgrado la sua forza fosse l’aspetto e la carica “popolana”, Anna Magnani con il suo talento e con la sua espressività riuscì laddove nessuna interprete italiana era riuscita: nel 1956 vinse il Premio Oscar come Miglior attrice protagonista per La rosa tatuata, il suo primo film americano (a cui fecero seguito altri due: Selvaggio è il vento di Cukor e Pelle di serpente di Lumet).

La rosa tatuata, Daniel Mann, 1955

La rosa tatuata, Daniel Mann, 1955

Lavorò con i maggiori registi italiani, da De Sica a Fellini, da Visconti a Camerini, da Zampa a Lattuada e Pasolini (immensa in Mamma Roma nel 1962). Finirà per rimanere impressa nella memoria di tutti proprio per un suono: l’urlo disperato di Pina che corre dietro al camion su cui i tedeschi stanno portando via il suo uomo. Quel “Francesco!”, prima di venire falciata da una raffica, sarà il grido che sveglierà il cinema italiano da un torpore forzato durato troppo a lungo. Nonostante questo, come spesso accade ai capolavori, la prima accoglienza critica non fu favorevole. Ci vorranno il Gran Premio al primo Festival di Cannes e la nomination all’Oscar per la sceneggiatura firmata da Rossellini, Amidei e Fellini per indurre i critici nostrani a ripensare il giudizio dato a caldo.

Ma allora cosa fu Roma Città Aperta? In fondo fu solamente la partenza di un complesso itinerario, artistico e umano, di un “autore-filosofo”, il cui lavoro viene continuamente chiosato da un discorso, raccolto nel suo libro più celebre, Il mio metodo. La “fase” neorealista è il momento in cui si delinea più chiaramente “il metodo Rossellini”. Ed è Rossellini a fornirci la più bella definizione di Neorealismo, inteso come necessità morale piuttosto che estetica:

“Una maggiore curiosità per gli individui. Un bisogno, che è proprio dell’uomo moderno, di dire le cose come sono, di rendersi conto della realtà […] in modo spietatamente concreto”.

Roma Città Aperta fu “solamente” un infinito saggio sull’etica-estetica di un grande autore, formidabile innovatore del linguaggio filmico, pioniere della modernità cinematografica. Ed in tutto questo Anna Magnani non fu solamente importante, ma assolutamente fondamentale.

Roma città aperta, Roberto Rossellini, 1945

Roma città aperta, Roberto Rossellini, 1945

Rossellini racconta la segretezza, la riservatezza, la prudenza dell’uomo e la Magnani fu la donna, madre e speranza che mosse anche quell’uomo. Poi arrivò la Bergman e il più grande scandalo cinematografico-sentimentale di tutti i tempi, consumato tra Hollywood, la Roma vitale del dopoguerra e la natura mitica e primitiva delle Eolie. Rossellini e la Magnani, la coppia del Neorealismo, vennero travolti dall’arrivo della più amata diva d’America: per averla con sé, Rossellini la chiamò a interpretare Stromboli togliendo il ruolo alla Magnani. Ma Anna non si arrese, e decise di realizzare comunque il suo film: lo chiamò Vulcano e si installò alle Eolie con il regista William Dieterle.

Le due troupe si sfidarono lavorando simultaneamente a pochi chilometri di distanza, nell’aspro arcipelago tirrenico, combattendo contro il caldo, le esalazioni vulcaniche, i loro rancori e i rimorsi. Per vincere la “guerra dei vulcani” i protagonisti non si rifiutarono nulla: tradimenti, plagi, boicottaggi, ardite riprese sottomarine, mentre la grancassa mediatica si giocava con spregiudicatezza i retroscena di una relazione ormai dissolta e di un nuovo amore che scandalizzava l’Italia bigotta e l’America puritana. Di tutto ciò furono testimoni altri grandi personaggi di un periodo d’oro che il cinema non sarebbe più riuscito a rivivere: Cocteau, Fellini, Welles, Hitchcock, De Sica, Alida Valli. Un altra storia, altri tempi.

Dopo la delusione (come attrice e come donna) sbarcò (in tutti i sensi, odiava l’aereo) ad Hollywood. I grandi registi (Mann, Cukor e Lumet), i successi americani e la splendida amicizia con il grande Tennessee Williams. La Magnani, diva mondiale, tutto sembra possibile per lei. Invece l’America non fa più per lei. Negli anni Sessanta il cinema sembra dimenticarsi di Anna, la più grande attrice italiana viene messa vergognosamente da parte, forse anche per una progressiva crisi cinematografica, ovviamente la stagione neorealista era ormai terminata, ma nonostante tutto Anna sarebbe stata in grado e sarebbe stata adattissima ad interpretare altre pellicole di prestigio. In questo periodo quindi lavora solamente ad alcuni film minori, ma sarà il teatro a ridarle quella fama e quelle soddisfazioni che ancora si meritava appieno.

Nel 1965 recita quindi ne La Lupa di Franco Zeffirelli (1965) che porta nei teatri più prestigiosi d’ Europa fino al 1969 e poi interpreta la Medea di Menotti nel 1966. Inizia, già a partire dal 1968, una collaborazione con il regista Alfredo Giannetti che le propone di interpretare quattro film per la televisione costruiti apposta per lei. Nel 1971 sono trasmessi in prima serata sulla rete nazionale i tre film del ciclo “Tre Donne” (La Sciantosa, 1943: un’incontro, L’Automobile). Per quanto riguarda il quarto film Correva l’anno di grazia 1870 esce prima al cinema per poi essere trasmesso in televisione due anni dopo.

Mamma Roma, Pier Paolo Pasolini, 1962

Mamma Roma, Pier Paolo Pasolini, 1962

Poi il nulla, la solitudine ed una crisi psicologica a tratti ancora inspiegabile. Nel 1972 esce Roma, il film di Federico Fellini che vede Anna Magnani interpretare se stessa in un cameo che passerà alla storia come la sua ultima immagine cinematografica. Fellini, la Magnani e la memoria, memoria ancora. A Roma, nella sua Roma. Mercoledì 26 settembre 1973, alle ore 18.25, Anna muore alla clinica Mater Dei di Roma, a causa di un tumore al pancreas diagnosticatole poche settimane prima. La sera stessa viene trasmesso il film Correva l’anno 1870, così come deciso in precedenza dai dirigenti Rai che avevano programmato la messa in onda del film per quella sera e che mai avrebbero immaginato che proprio quel giorno l’Italia intera avrebbe pianto quella che è stata e che a tutt’oggi è la sua attrice (e una delle sue donne) più rappresentative. La magia.

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