A Men – Walter Leonardi

A-Men – Walter Leonardi

Arriva sul palcoscenico così all’improvviso che quasi nemmeno ci rendiamo conto che lo spettacolo è iniziato. È Walter Leonardi, che, con sciagurata (pre?)potenza, presentandosi come un inaspettato scoppio davanti al sipario rosso, dà ufficialmente il via a A-men, spettacolo scritto con Carlo Giuseppe Gabardini e da lui stesso diretto.

L’attore e regista parte con motore assordante, in maniera precipitosamente grottesca ed eccessiva, tanto che, sulle prime, si fa fatica a seguire la catena di cose, fatti e impressioni da lui vorticosamente lanciata. Meglio così, però, perché questo suo turbine, dopo aver confuso e sconcertato per un’abbondante manciata di secondi, monta in un crescendo sempre più gonfio e saturo che diviene catartico anche per lo spettatore. Il protagonista, insomma, si comporta come se fosse in preda a una crisi. Certo, si tratta effettivamente di una crisi, in primis tutta personale, furiosamente “stuzzicata” dagli innumerevoli problemi e nevrosi di tutti i giorni, ma che è anche specchio di un disfacimento più generale, pubblico, sociale, mondiale, economico.

Walter Leonardi presenta tutti questi suoi squillanti segnali di un possibile, imminente crollo definitivo con un’ironia divorante, dal passo surreale, a sprazzi così ricca da non lasciare il tempo di respirare o riprendersi: si passa da un pesce ottenuto in cambio di un rene e mezzo, alla sua (ex) psicologa che crede nei folletti; dai suoi frustrati e frustranti discorsi dedicati alla luna e a Dio (che con tutta probabilità non esiste), alla religione (anche quella sui generis dell’Ipad) “esaminata” come deformazione insensata e ridicola della vita e dei suoi limiti.

È un uomo assolutamente normale – se non addirittura mediocre -, vestito, perlomeno all’inizio, in maniera altrettanto comune e trasandata, ma reso interessante e mentalmente fertile proprio dalla crisi che non sembra aver alcuna voglia di lasciarlo. Più, infatti, egli cerca di trovare (improbabili) soluzioni per uscire da questo delirio, e più, invece, si perde e si lascia inghiottire nel labirinto scadente, sempre più assurdo, ingannevole e intricato della (sua) situazione. È un magistrale poveraccio che non trova conforto nemmeno nell’intimità della sua casa, composta essenzialmente da un deprimente divano rosso, una sedia, una specie di strana lampada rotonda e poco altro; uno “scenario” come fatto di detriti, di scarti, così spaventosamente vicino al suo universo.

A-Men è la “storia/non-storia” di un uomo che ha avuto il doloroso e buffo “dono” di fare delle proprie disgrazie un racconto tortuoso e succosamente eccessivo a pochissimi centimetri di distanza dal definitivo impazzimento. E non sarebbe meglio così, un oblio estatico e totale, visto il mondo in cui si trova e – non dimentichiamolo – ci troviamo tutti?

Teatro Ambra alla Garbatella, Roma – 27 novembre 2014

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