Hamlet, ciak 2
La risposta pugliese allo spettacolo di Andrea Baracco
La stagione di prosa del Teatro Petruzzelli di Bari è ufficialmente iniziata. A inaugurarla, venerdì 28 novembre, ci ha pensato Hamlet di Andrea Baracco, spettacolo già seguito dalla nostra rivista in occasione del Romaeuropa festival lo scorso settembre (qui il link della recensione di Giulio Sonno). Una parte del suddetto articolo giocava sulle reazioni che la messinscena di Baracco sortì sul pubblico romano e, dunque, seguendo questa scia, riporto qui quanto captato dagli spettatori del capoluogo pugliese. Prima però occorre considerare alcuni fattori.
Fattore I: Amleto. Vi è mai capitato di parlare di un’opera d’importanza smisurata, per poi assistere all’entrata indesiderata nel discorso di qualcuno che vanta presunte conoscenze con frasi di circostanza? I promessi sposi: Renzo, Lucia, questo matrimonio non s’ha da fare, eh già; Ah, Quarto potere: Rosabella; la Nona di Beethoven, l’Inno alla gioia!. Bene, ciò che queste opere rappresentano per la letteratura il cinema e la musica, equivale a ciò che Amleto rappresenta per il teatro. Amleto, e il suo essere o non essere. Poco importa se nessuno abbia letto l’opera di Shakespeare o assistito a una sua messinscena o, ancora, seguito le variazioni che la tragedia ha subito nel corso del Novecento; Amleto è universalmente conosciuto perché è il Teatro, è un’icona. E se prima o poi qualcuno vedrà sul serio il film di Welles o leggerà il romanzo di Manzoni, è inevitabile che qualcun altro si recherà a una rappresentazione dell’opera shakespeariana.
Fattore II: gli abbonati. Lo zoccolo duro del teatro barese, come lo è per la gran parte dei teatri italiani più prestigiosi, è costituito dagli abbonati. Per il Petruzzelli l’età media è elevata (dato anagrafico anch’esso comune a molti altri teatri della Penisola).
Fattore III: dove sono i giovani? Se gli abbonamenti sono, per molti ragazzi, fuori portata, la politica dei prezzi attuata dal teatro negli ultimi anni dovrebbe favorire l’acquisto dei singoli biglietti alle fasce d’età più basse. Per Hamlet il teatro era pieno, certo, ma trovare persone sotto i cinquanta anni era un’impresa. L’età può influenzare il modo di recepire uno spettacolo? Forse. Fatto sta che la gente che frequenta il Petruzzelli raramente la si trova nell’altro teatro di Bari, il Kismet (d’innovazione), e questo perché tendenzialmente orientata verso una tipologia di teatro più tradizionale, quella solitamente offerta dal Petruzzelli appunto.
Come avrà reagito dunque il pubblico, a una rappresentazione che ha proprio nell’innovazione scenica e nella rilettura dell’opera le sue peculiarità? Per rispondere a questa domanda basta andare a fumare una sigaretta nell’intervallo: Non capisco perché Amleto indossa i pantaloncini , Le luci che continua a puntare Orazio sono fastidiose, Ma quelle immagini proiettate?, E la musica poi , Mah. Torno in platea e noto che tutte le poltrone alla mia sinistra, così come molte altre, sparse per tutto il teatro, sono vuote: c’è chi ha già gettato la spugna.
A fine spettacolo gli applausi sono poco convinti, e all’uscita il grado di perplessità nei volti degli spettatori è cresciuto: Ma il monologo finale di Orazio, perché Orazio?, Non ci ho capito molto, Forse si è spinto troppo oltre, Mah. In definitiva Hamlet di Baracco è, sì, riuscito a far porre delle domande al proprio pubblico, ma il contraltare è che lo stesso vuoi per scarsa preparazione, vuoi perché poco abituato a questo modo di fare teatro ha smesso di darsi delle risposte. O perlomeno a tentare di farlo.
Sbirciando il programma della stagione ho notato che ci sono due spettacoli Le sorelle Macaluso di Emma Dante e Sul concetto di volto nel Figlio di Dio di Romeo Castellucci che potrebbero risultare ugualmente (se non ancora di più) ostici. Vi terremo aggiornati.