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Apologia del Web e riflessione sul Viola

Milano, a volte, sembra il piccolo ombelico bitorzoluto del mondo.
Prendi ieri sera.
Ieri sera saresti potuta andare alla prima del nuovo film di Salvatores, oppure alle colonne di San Lorenzo a seguire Rai Per Una Notte.
Hai optato per la seconda opzione perché era giusto che fosse così.

A causa di un drammatico esaurimento nervoso che sta travolgendo la tua persona, ti eri inspiegabilmente persuasa del fatto che la kermesse organizzata da Santoro, Popolo Viola & co. fosse ieri l’altro, mercoledì 24. Come se non bastasse, avevi anche diramato un save-the-date agli amici siciliani che mensilmente frequenti. E’ un’abitudine che ti hanno infettato loro, quella di inviare mail per proporre aperitivi, serate al cinema e via discorrendo.
Tu hai sposato questa prassi, squisitamente milanese, solo due volte nella vita tua: due giorni fà, per dare appuntamento a tutti alle colonne, a guardare una trasmissione che sarebbe andata in onda solo ieri; e la settimana scorsa, quando hai proposto a ben 15 persone di andare al concerto di Elio e le storie tese, che ha avuto luogo in data 26/27 febbraio.
No comment.
Non ti stupiresti se, d’ora in avanti, segnalassero come spam le tue mail. Per dirla tutta, stai progettando di invitarli ad assistere al crollo del muro di Berlino in diretta a casa tua, oppure alla prima di Via col Vento, magari chessò, potresti invitarli tutti a un concerto di Janis Joplin. Deciderai nel tempo, in base all’ispirazione
.
Ieri sera sei andata alle colonne con la Raf. Vi siete incontrate in Duomo, precisamente quando ha iniziato a piovere. Avete mangiato al Mc Donald (scchhhh non ditelo alla Metà di Melinda – che l’unico barlume di salvezza per la tua chiavabilità consiste nell’assenza del Mc Donald a domicilio), perché entrambe amate il cibo spazzatura, con la sottilissima differenza che lei pesa su per giù 50 kg. Tu, non solo non vuoi dirlo quanto pesi, non vuoi nemmeno più saperlo. Hai deliberatamente dismesso l’uso della bilancia pesapersone, facendo finta che non esista, che non ti punti sfrontata ogni mattina, Laica, la bilancia digitale, quando ti alzi bestemmiando contro il lavoro, il capitalismo, la precarietà, il collasso del liberismo occidentale.

A tal proposito, ripensando a te e alla Raf come una specie di rivisitazione di Stanlio e Ollio, restò negli annali quando in quinto superiore, pur di saltare l’interrogazione di geografia astronomica, andaste tutti a donare il sangue e la Raf superava di 1 etto il peso minimo per donarlo. Tu, ovviamente la coglionasti in merito, se non fosse che, a prelievo avvenuto, lei risultava vitale come un fringuello in perfetta salute mentre tu, che andavi già all’epoca almeno 15 kg più di lei, navigavi per il coma irreversibile, un cencio moribondo e svenevole che necessitava di zuccheri in quantità industriale per rimettersi in sesto.

Quando vedi che inizia a piovere, bestemmi, imputando il tutto a un sabotaggio del partito dell’amore, con evidenti connivenze ultraterrene. E non ti si dica che bestemmiare è sbagliato, perché se il signore iddio non volesse il turpiloquio blasfemo, se si preoccupasse della sua reputation, inizierebbe a fare un po’ di VSR (Vatican Social Responsibility) accoppando in primis Papa Ratzinger e scegliendo un PR leggermente meno stronzo e meno pederasta.
Si diceva, quando inizia a piovere, bestemmi e, per di più, accusi da ore dell’evidente malessere fisico. Hai un mal di testa feroce, avendo passato la nottata a litigare con la Metà di Melinda. Ti sei persino calata un’oki, tu che sei avversa ai medicinali. Senti, però, che è il caso di andare in piazza e che quello che sta succedendo, questa sera, è importante.

E, difatti, è così. Sorvolando sul fatto che, arrivando, realizzi che sono di più i marines reduci del Vietnam vestiti da Carabinieri che i presenti e quasi ti stupisce l’assenza di un carrarmato sotto la chiesa per presidiarci tutti. E sorvolando anche sul fatto che, a giudicare dalle immagini del Popolo Viola su Fb, nelle altre città l’organizzazione è stata migliore e il pubblico più assortito (Bologna, a tal proposito è una città divina che tu ami e per sempre amerai), c’è da riconoscere che nella ridente Milano ci si è messa pure la pioggia, il video a intermittenza, il satellite che ha deciso di fare ripetute pause-sigaretta interrompendo le comunicazioni.

E quindi tu, a un certo punto, siccome Rai per una notte volevi vederlo con tutta te stessa, hai deciso di montare su un taxi – di un tassista che aveva a sua volta caricato sul sedile del passeggero una specie di prostituta russa – e tornare a casa per seguirlo in streaming. Si sarebbe potuto organizzare meglio, forse. Ma non c’è tanto da pretendere. Siamo pur sempre a Milano e Berlusconi è l’unico profeta riconosciuto in patria. Ma questi sono dettagli. Quello che sta per succedere, è nuovo, è rivoluzionario, è stupendo. Persino a Milano.

Ieri sera, per la prima volta nella tua vita, ti sei sentita fiera di essere italiana. Per la prima volta nella tua vita, ti sei sentita parte di un gruppo, saggiando quanto possa riempire e motivare, una sensazione del genere. Ieri sera hai capito che, adesso, gli strumenti ci sono, per cambiare. E non farlo sarebbe un delitto. Priverebbe ciascuno di noi di credibilità.

Tutta la trasmissione è perfettamente equilibrata, Santoro parte con un discorso al Presidente Napolitano e conduce magistralmente la lunga manifestazione. Gli ingredienti sono quelli giusti, l’intellighentia sociale italiana, tutta raccolta. Qualche assente, sicuramente. Ma molti dei migliori rappresentati. Il volto di una nuova Italia, un bel volto. L’alba di una rivoluzione sociale, non politica. Adori letteralmente Travaglio, e non è una novità, stimi profondamente Santoro e Ruotolo, Gad Lerner parla poco e sembra trattenersi dalle risate durante gli sketch ma, quando parla, non sbaglia mai. Floris è quanto di meno appealing possa esserci, ma non è colpa sua. Monicelli, Benigni, Elio e le Storie Tese, la Gabanelli e il giornalismo di inchiesta, le vignette di Vauro, Crozza e poi, lui, l’incredibile, volgarissimo, delizioso Luttazzi.

A differenza delle classiche puntate di annozero, non senti angoscia opprimente. E’ bello. E’ bellissimo. Poetico. Probabilmente è per via della quasi assenza di contraddittorio, che trovi del tutto condivisibile. Se avessero permesso a Santoro di fare la trasmissione regolarmente, avrebbe ovviamente invitato il solito stuolo di zerbini venduti, che si vedono sempre nelle televendite notturne, alternate alle donnine ignude: “guardate questo pregiatissimo Minzolini persiano, annodato a mano, sarà vostro!, potete averlo anche voi nel vostro salotto, con piccolissime rate mensili della vostra dignità intellettuale” .
Questa è una serata speciale e lo senti nel profondo. Più speciale del V-day di Grillo e del No B Day dello scorso dicembre. E’ l’incontro costruttivo dell’insoddisfazione nazionale, finalmente intenzionata a non deglutire più le tonnellate di spazzatura con le quali hanno rincoglionito un intero popolo (che, forse, non doveva essere poi così brillante già in partenza, altrimenti non avrebbe vissuto due fascismi nell’arco di 50 anni…ma gli italiani sono così, sanno toccare vette altissime di arte e poesia, e fondi putridi di ignoranza e meschinità).

Questa sera l’intelligenza si raccoglie e si impone, e riesce a farlo nella più totale delle libertà, nell’unica vera agorà, nella sublimazione democratica del sistema che permette ad ognuno di vivere come un essere critico e pensante.
“Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi” , ha detto Lerner. La censura ha portato alla più sublime delle reazioni. Forte, intelligente. Sarcastica, satirica. Un senso di profondo sollievo pervade il tuo corpo e il tuo spirito, ti senti parte attiva di un cambiamento epocale, senti che sta succedendo qualcosa di grande e che il 25 marzo è uno spartiacque nella storia della seconda repubblica. Fatto una volta si può fare sempre, si può incontrare la gente aggirando lo stuolo di tette, culi, slogan e retorica della tv generalista. Tutto questo potrebbe diventare il passato e oggi potrebbe iniziare potenzialmente una nuova era. Il 25 marzo sarà il giorno in cui gli italiani dimostrarono a sé stessi e a Silviolo di saper comunicare senza televisione e senza giornalisti venduti (che, a differenza delle puttane, fanno tutto).

Si attrezzassero, adesso, per manipolare il web. Non possono farcela. Poveracci. Sono vecchi e ignoranti, per lo più. Come avrebbero potuto comprendere ciò che accadeva? C’hanno provato, quando c’è stato l’ATTENTATO ad opera del Tartaglia, e che fine abbia fatto il Tartaglia lo sanno soltanto Montalbano e il maresciallo Rocca, si sospetta sia stato spedito nell’interregno delle notizie dimenticate, insieme con Stefano Cucchi e Brenda Marrazzo. Ci hanno provato, si diceva, a confinare il web. Ma si immagini, questo copioso esercito armato di bruttume e volgarità, da Ghedini a Gasparri, con un pizzico di Alfano e un po’ di La Russa, frontman della horror-band il duetto Feltri-Belpietro, mentre Fede fa la ragazza ponpon al margine urlando “Datemi una S, datemi una I” e Bruno Vespa eiacula nel backstage sull’ultima ballata di Apicella. Sfortunatamente, però, la rete si autogoverna, premia chi merita e non si lascia imbrigliare da una banda di patetiche marionette, comprate alla fiera dell’est dal papà di Branduardi perché persino i topi erano finiti.

La rete si fonda su un meraviglioso e rinnovato senso della democrazia e della condivisione dei saperi e degli interessi. Il web è fascicida. E’ libero. E’ una rivoluzione in sé e questo, che viene millantato da anni e anni, non era mai stato capace di manifestarsi con così tanta evidenza e intelligenza, come è stato ieri sera. La miccia è accesa, la rivoluzione è partita, non si sa dove arriverà, ma c’è e qualche anno fà non ci sarebbe stata. Ieri sì. Anche oggi e anche domani. Grazie al web, grazie a un meraviglioso strumento capace di badare a sé stesso. L’unico spazio meritocratico rimasto in un’Italia alla deriva, più grottesca di una caricatura. Un’Italia che finalmente ha dato prova di saper essere un paese civile, rifocillando l’assenza totale di senso politico in cui siamo nati e cresciuti (il primo ricordo che la tua generazione ha della politica è tangentopoli, per l’appunto). Un’Italia che, per una volta, si è concentrata sui fatti e non sulle pugnette, offrendo uno spettacolo squisito, la cui amarezza veniva istantaneamente mitigata da quel senso di resurrezione mentale che la libertà d’espressione può offrire.

Per il resto vorresti dire una marea di cose. Ripercorreresti tutte le 3 ore di trasmissione. Ogni passaggio è stato bello e importante. Sì, ok, l’abbiamo pensato tutti che Morgan fosse strafatto e imbarazzante, tu hai provato disagio per lui e soffri per il momento in cui si riguarderà nei video – però anche lui, nella sua fattanza, ha dato un messaggio (subliminale) positivo. Invitato perché uno degli ultimi esiliati dalla rai, dimostra totale incapacità di espressione verbale. Ma poi suona, accompagna Alta Marea di Venditti e regala un po’ di quella poesia, la cui assenza ha tentato di denunciare. Vedi in lui, nei suoi occhi lucidi, una vera passione per il bello e per la cultura. E tu, sei d’accordo, che se insegnassero ai ragazzi a conoscere il bello, se a scuola raccontassero la storia della musica, nessuno ascolterebbe più Marco Carta. Se a scuola si insegnasse la vera storia, dal dopoguerra ad oggi, piuttosto che star lì a menarsela per un anno su quella minchia di congresso di vienna a cui non gliene sbatte una sega a nessuno, forse questo paese sarebbe migliore. E in questo Morgan ha ragione. Per il resto, come, legittimamente, riportava oggi Spinoza “se Morgan ha smesso, devo ammettere che lo preferivo prima” . Quindi, Morgan, ricomincia a drogarti, se puoi. Non c’è problema, sei un musicista. Ben vengano i luoghi comuni e, quando tutti i parlamentari presenteranno di propria sponte le analisi delle urine che certifichino assenza di cocaina in ogni cellula del loro corpo, ne riparliamo, intesi?

In sostanza, non riesci ad addormentarti prima delle 3. Sei piena di un rinnovato spirito e la cosa più bella è che sai di non essere l’unica. La cosa più bella è che senti ovunque nell’aria il barlume del potenziale cambiamento, la trasformazione che ti rende partecipe attiva, utente della rivoluzione mediatica, dalla quale nessuna persona intelligente deve restare esclusa. Perché queste sensazioni legittimano la società. Perché nessuno ci ha raccontato quanto arricchisse lo spirito, lavorare per la comunità e nessuno ha voluto farci sospettare che le cose si potessero davvero cambiare.

E, se Rousseau e Voltaire non potevano certo immaginarsi che un giorno sarebbe arrivato Silvio Berlusconi, Silvio Berlusconi 30 anni fà non avrebbe potuto immaginare che sarebbe arrivato il 25 marzo 2010.

Ti piacerebbe, infine, se il Popolo Viola (fenomeno che trovi positivo, conseguenza della mediocrità della sinistra italiana, che si è dimostrata efficace quanto un’escrescenza), non avesse bandiere, spillette e logo. Ti piacerebbe se non fosse un colore – i più fighi, del resto, il rosso e il nero, se li sono fregati quelli che ci hanno preceduti, che possiamo farci. Ti piacerebbe se fosse semplicemente IL POPOLO. Chiunque non riconosca i fatti, dimostrando intelligenza, non merita di essere definito popolo. Chi si unisce a questa lotta post-postmoderna, chi si collega a questo network, è dunque il popolo, articolo determinativo singolare. Gli altri instupidiscono la democrazia, rendendola fallimentare, completamente al di là della destra e della sinistra, che altro non sono che categorie semplificate per menti appiattite.

Se una moglie difendesse strenuamente un marito che le pianta un’Amazzonia di corna, non la consideremmo una donna intelligente e non seguiremmo i suoi consigli. Ti chiedi perché, nella politica e nel giornalismo, questi naturali istinti vengano debellati.

Ti piacerebbe se il Popolo Viola fosse semplicemente Il Popolo. Perché le pashmine viola nascono dalla stessa politica che ha partorito le cravatte verdi. E la grande rivoluzione è non avere più simboli , perché simboli non servono, perché gli slogan raccolgono masse acritiche. E questo tipo di politica è giunto alla fine. E’ corrotto. E’ irrecuperabile e contamina chiunque ci si avvicini. Non siamo una combriccola di lobotomizzati capaci di rispondere in coro alla retorica-del-no.

Siamo nuclei organizzati di liberi cittadini, critici e consapevoli. Non serve una divisa, per sentirsi un gruppo. La forza sta nelle idee. Non serve un colore e neanche un logo. Non c’è nessuno da accattivare e nessun merito da prendersi. Nessuno si prende il merito su youtube di aver caricato le centinaia di video che guardiamo. E’ condivisione dei saperi. E’ l’apertura di sconfinati orizzonti di dialogo. E forse, per uscire dal decadimento atroce in cui versiamo, dovremmo rendere la politica simile al web , l’unico modello capace di approssimarsi all’idea di democrazia, e non il web simile alla politica tradizionalmente intesa, storicamente fallita su tutti i fronti. La rivoluzione radicale parte soprattutto da questo. E solo questo può garantire che, eliminato l’attuale nemico comune, il gerarca e i suoi picciotti (non fosse altro perché, presto o tardi, Berlusconi morirà e non per una lapidazione a base di miniature di duomo ma per naturale vecchiaia – a questo punto, di solito, pensi ad Andreotti, che campa ancora, e il tuo intestino si contrae tutto), non si ricada in quel pietoso siparietto che la storia ci propina da secoli, di faide interne, per spartirsi un potere distruttivo e, ormai, potremmo dire anacronistico.

Niente slogan, niente propaganda e niente populismo. Idee. Fatti. Intelligenza. Cultura. E rispetto. Siete e siamo sulla strada giusta, forse. Dobbiamo prestare la massima attenzione, adesso, a non perdere la rotta.

Infine, questo post, che potrebbe risultare impopolare, non è opera di un lavaggio del cervello ordito dagli unici giornalisti italiani degni di tale nome. E il tuo entusiasmo non nasce dalla fascinazione per il sorriso di Travaglio e per quella strana cosa che succede alle sue tempie sporgenti quando parla, che ti manda in visibilio.

E’ semplicemente che Rai per una notte ti ha fatto pensare per la prima volta nella tua memoria, che per l’Italia si possa ancora fare qualcosa. E grazie alla più bella trasmissione televisiva che tu ricordi, vista fuori dalla televisione, hai sentito esprimere ogni tuo pensiero come neanche tu eri mai stata capace di formularli.

Quindi, comunque, GRAZIE.


Grazie


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