PSF1405324924PS53c38e7cd1a6d

BST Hyde Park Festival @ Londra – 5/7/2014 – The Libertines + guests

La terza serata del British Summer Time Festival a Hyde Park, sabato 5 Luglio, vede di scena quello che è probabilmente l’highlight dell’intera manifestazione: la reunion dei Libertines, la seconda dopo quella di Reading 2010. Un evento attesissimo e preceduto da messaggi contraddittori, che mostravano come il culto dell’indie band più grande dello scorso decennio non si fosse ancora spento, nonostante la decadenza di Pete Doherty e le numerose voci sul suo stato di salute, il tutto mentre in un’intervista recente la band dichiarava apertamente di riunirsi per soldi.

Curiositá mista a voglia di “esserci” si mescolavano, e l’atmosfera era immediatamente, istintivamente diversa da quella di appena due sere prima, quando headliner erano gli Arcade Fire (ne abbiamo parlato qui). Dalle atmosfere hippie carnevalesche rilassate e coinvolgenti presentate dai fenomeni canadesi, si passa infatti di colpo ad un agglomerato sociale dove la pub culture si assembla titanicamente con l’hooliganismo, per una serata che sin dalle premesse si preannunciava caoticamente difficile.

Arrivati nel primo pomeriggio a Hyde Park, giá numericamente affollato e in ebollizione, e con molto più alcol in circolazione, la band che per prima scalda i cuori e i motori della serata sono i Maximo Park. Tornati a nuova vita con l’ottimo Too Much Information, di cui se ne ascolterà un bel pezzo, la band capitanata da Paul Smith, gessato grigio e movimento incontenibile da ballerino mod anni ’60 infiamma il parco con un set di un’ora circa, corroborato da una grande risposta di pubblico cantante soprattutto in corrispondenza delle vecchie hit come Graffiti e Going Missing sino all’esplosiva Apply Some Pressure. Meno calore, invece, per i nuovi pezzi, dove Smith canta talvolta con un filo di voce, forse più adatti ad un’atmosfera più intima.

A seguire ecco lo show onirico degli Spiritualized, presentatisi sul palco in completo bianco e autori di una magistrale ora di wall of sound che contribuisce a rilassare un poco un’atmosfera già sul punto di esplodere. Lo shoegaze di Jason Pierce e soci porta il sole sulla piovosa Londra Ovest e si segnala per qualità d’esecuzione e scorrevolezza. Un’ora vola rapida, e chi scrive medita già di trasferirsi all’altro palco, quello del BST Theatre dove erano in cartellone Swim Deep e Graham Coxon. Ma ecco i primi segni di cedimento organizzativo: l’area palco viene letteralmente invasa e per una technical fault questi concerti vengono cancellati.

Con un poco di rammarico si ripiega verso il main stage, dove c’è un grande classico in programma: i Pogues. La Celtic punk band più famosa del mondo gioca in casa come i Libertines, e si vede. Folla in movimento scomposto e danze che si scatenano, con il cantante Shane McGowan non esattamente in gran forma fisica ma vocalmente superbo, a dirigere l’orchestra. Verso la fine, altro segnale di arrivo della tempesta: al momento degli encore lo show viene interrotto per un malore tra il pubblico, per poi riprendere in tono minore fino a sfumare, lasciando tuttavia buonissime sensazioni. Ma il caos è dietro l’angolo, ormai è chiaro. E puntuale, arriva.

I Libertines arrivano insolitamente puntuali alle 20,30, anticipati dall’importante annuncio di tre date all’Alexandra Palace di Londra a settembre, e introdotti da un documentario che ripercorre i momenti più belli della band nei suoi good old days. Quando salgono sul palco è il delirio, con litri di sostanze gialle non identificate apparentemente simili a birra che volano da una parte all’altra del pubblico insieme a razzi, fumogeni e disordini. Al punto che prima Boys In The Band, poi Time For Heroes vengono brutalmente interrotte a metá mentre Pete, proprio lui, intima alla folla di calmarsi sennò non sarà possibile andare avanti. Dopo una ventina di minuti di stop and go, nei quali la band suona a tratti, ma si percepisce lo scollamento e il disagio, una parte di pubblico più tranquilla viene trasferita dalla platea ad una delle (meno affollate) zone “premium view”, vendute con biglietto più costoso. La situazione, a fatica, si placa e da quando parte Music When The Lights Go Out il concerto decolla, mentre le esecuzioni di classici come Don’t Look Back Into The Sun, Up The Bracket e Can’t Stand Me Now rendono finalmente giustizia alla performance.

Resta negli occhi, poi, la cosa più bella della serata: la ritrovata unione fra Carl e Pete, con quest’ultimo in forma come non lo si vedeva da tempo, un’unione suggellata da mosse giocose, abbracci, baci, canzoni cantante all’unisono, la Dohertiana Albion originariamente dei Babyshambles, cantata da Pete solamente con chitarra e voce e nella quale celebra la città di nascita di Carl, Basingstoke. E cosí, sfollando, mentre tra il pubblico si parla di un imminente nuovo album (che verrà annunciato davvero, poi, di lì a qualche giorno) le sfumature spigolose di un concerto caotico da East London e le critiche all’organizzazione lasciano ben presto spazio alla dolceamara sensazione di un pezzo importante della storia recente del brit rock che si è ritrovato davvero. Sebbene, forse, ormai fuori tempo massimo.

Grazie


Per 15 anni Paper Street è stata una rivista on-line di informazione culturale che ha seguito con i suoi accreditati i principali festival europei di cinema e musica: decine di collaboratori hanno scritto da tutta la penisola dando vita ad un archivio composto da centinaia di articoli, articoli che restano a disposizione di voi lettori che siete stati un numero incalcolabile nonché il motivo per cui, per tanto tempo, abbiamo scritto con passione per questo progetto editoriale che ci ha riempiti di soddisfazioni.

This will close in 30 seconds