In The Flesh
L’immaginario horror tradizionale si basa su un pantheon classico di creature del terrore che vengono rispolverate dal loro limbo creativo ogni dato periodo di tempo, vuoi per farle conoscere ad un nuovo pubblico, vuoi per mancanza di idee, per essere scagliate contro dei poveri esseri umani, indomiti nella difesa della loro specie.
Il villain proposto in questo momento con maggiore insistenza dai media, che si parli di videogame, fumetto, cinema o serial, è il non-morto, lo zombie, il quale dopo essere stato definito nella sua forma più celebre dai film di George Romero come una sorta di strumento critico della natura politica dell’America anni Sessanta, viene in seguito declinato in numerose varianti dopo il successo di 28 giorni dopo (Danny Boyle, 2002) che segna il ritorno popolare del morto che cammina sugli schermi di tutto il mondo. Anche in campo seriale, le alternative iniziano a mostrarsi: l’enorme clamore intorno alla hit The Walking Dead ha fatto prendere coraggio ad altri sceneggiatori, come Dominic Mitchell, creatore di In The Flesh.
Giovane esordiente in campo televisivo, Mitchell propone alla BBC un horror drama atipico per il punto di vista che sceglie di raccontare. In The Flesh inserisce lo spettatore in uno scenario insolito, dove l’attacco degli zombi, The Rising, il risveglio dalla tomba, è stato già sventato e il mondo sta tornando alla normalità con una differenza: gli zombi riottengono la loro umanità (diventando parzialmente morti) attraverso la somministrazione da parte del governo di un farmaco che riporta il cervello a funzionare correttamente.
Uno di questi è il protagonista della serie, Kieren Walker, un ragazzo di 18 anni, residente nella fittizia Roarton, cittadina colpita maggiormente dall’invasione. Sepolto nel 2009, un dato che stranamente accomuna tutte le persone rianimate come zombi, viene reintegrato nella sua famiglia, con le difficoltà del caso. A seguito della tragedia, si è inoltre costituito un fronte di resistenza umana che ha contribuito a riportare la pace nella comunità; questo gruppo di cittadini si dimostra ostile verso quei mostri che tanto dolore hanno causato e che stanno venendo reinseriti fra di loro, come se nulla fosse successo.
Oltre a posizionare il focus della narrazione al di là della semplice apocalisse zombie, adottando un linguaggio pacato e senza nervosismi, In The Flesh pone lo spettatore di fronte a molti dilemmi, portandolo addirittura a parteggiare per quelle creature che solitamente vede come la minaccia principale da cui i suoi beniamini devono difendersi. Nei tre episodi che compongono la prima stagione, sono molti gli spunti sul Risveglio che vengono proposti da Mitchell ma non sviluppati, il quale, in vista di una seconda serie già confermata, preferisce concentrarsi sul dramma umano di una comunità che vede di fronte a se una ulteriore possibilità per i propri cari. Una speranza che rischia di essere spezzata da una minaccia che si nasconde dentro la loro anima, portata alla luce da una tragedia che ha fatto già molti danni e dalla quale non si torna più indietro.